Leonardo Shardana Melis

Scoperte Leonardo Melis

Shardana I Popoli del Mare

Shardana Leonardo Melis

Leonardo Melis al Ramesseum, nella foto insieme a due guide egiziane.

Qui, memore delle imprese di Belzoni che vi lasciò una delle sue firme, Leonardo scopriva nel 2009 la rappresentazione della battaglia di Qadesh con un soldato Sardana al centro della mischia.

Vorremo spendere due parole sul grande Belzoni, nel quale Leonardo Melis si rispecchia, soprattutto per le sue scoperte che gli furono scippate, proprio come accade oggi a Leonardo.

E pensiamo che dedicargli questo capitolo sia, oltre che giusto, anche molto attinente ai due personaggi.

Ambedue misconosciuti in Italia (Leonardo i particolare in Sardegna) “perché non avevano la laurea in Archeologia”.

In compenso ambedue scoprirono tanto di quei siti e reperti che tutto l’intero corpo di archeologi contemporanei non fu e non è in grado di scoprire. Nonostante le “lauree”.

Naturalmente il grande Belzoni scoprì una mole di siti e monumenti da far girare la testa ancora oggi per l’importanza che ebbero allora e ancora oggi. Naturalmente l’Egitto di due secoli fa non era la piccola Sardinia di oggi.

Vogliamo dire che Belzoni ebbe si tante difficoltà, ma anche tanto terreno vergine da scoprire, appunto.

Precisiamo allora che con questa nuova nostra fatica vogliamo elencare alcune delle scoperte più importanti fatte da L. Melis negli ultimi 20 anni. Le elenchiamo per due motivi:

  • Il primo perché alcuni oggi si stanno appropriando degli scritti e delle scoperte di Leonardo, pubblicandole e non citando la fonte.
  • Il secondo, perché venga sbattuto in faccia ai cosi detti Archeobuoni titolati che non è sufficiente avere un “pezzo di carta” ottenuto, spesso senza merito, per aver combinato qualcosa che riguardi non la Storia, ma pure l’Archeologia stessa.

Elenco numericamente progressivo delle immagini delle scoperte

N°1 La Tirrenide

Shardana Leonardo Melis

            La foto che riporta a destra un’immagine della Sardinia e della Corsica con intorno una traccia definita dagli Archeobuoni “nuvola”, riproduce in pratica i fondali del continente Tirrenide.

Quando la pubblicammo nel 2002 ancora non esisteva Google Earth e i contestatori ebbero gioco facile a deridere la “scoperta” di Leonardo Melis.

Poi quattro anni dopo arrivò appunto Google Earth e la foto a sinistra prova che L. Melis aveva pienamente ragione.

Anche se egli stesso era in possesso delle provbe che smentivano i dettrattori: altre due foto in cui le nuvole erano spostate, mentre il contorno/fondale era rimasto fisso.

Tempo fa pubblicammo su “Sardana Antichi Re del Mare” alcuni appunti riguardo la teoria che Atalntide fosse o no la Sardinia.

Non per smentire eventuali autori di eventuali altri libri, solo per fare chiarezza sul fatto che se Atalntide esistette, essa era contemporanea proprio alla Tirrenide.

Questo del resto lo scrive proprio Platone. Riportiamo quanto scritto nel libro citato.

< Platone sosteneva nelle sue due opere Krizia e Timeo che Atlantide si trovava oltre le Colonne d’Eracle.

L’autore del libro, il cui autore  ebbe un certo successo nello stesso periodo che uscì il nostro “Sardana i Popoli del Mare” e che identificava Atlantide con la Sardinia cercava di dimostrare che le colonne d’Eracle si trovavano, ai tempi di Platone, nel canale di Sicilia.

Questo portava a identificare la Grande Isola Sarda con la stessa Atlantide.

Peccato che ciò non possa essere esatto per alcuni motivi:

1. La teoria che fosse stato il direttore della biblioteca di Alessandria, Eratostene, a spostare le colonne dove si trovano attualmente (Gibilterra), perché le conquiste di Alessandro allargarono il mondo conosciuto, non tiene. Anche perché nella “Vita di Alessandro” si legge che “l’ammiraglio Nearco fece visita ad Alessandro a Babilonia. Il condottiero espresse il desiderio di circumnavigare la Libia (Africa) con lui, rientrando nel Mare Mediterraneo dalle Colonne d’Eracle.” Quindi le Colonne erano già dove sono oggi: a Gibilterra. E la Sardinia è al DI QUA delle Colonne di Gibilterra. I conti non tornano.

2. L’altro punto che non torna affatto è quello che Platone scrive riguardo proprio alla Tirrenide. “Questa città (Atlante) estendeva i suoi domini, al di qua delle colonne, alla Libia (Africa) fino all’Egitto e all’Europa fino alla Tirrenia”. Quindi la Tirrenide (Sardinia) si trovava al di qua delle colonne e NON poteva essere Atlantide. Né con le colonne a Gibilterra, né tanto meno con le colonne nel canale di Sicilia. I conti non tornano.

Certo Atlantide sprofondò e sparì. La Sardinia, Grazie a Dio, invece è ancora qui. Certo potremmo dire che è riemersa. Su questo siamo parzialmente d’accordo, perché un fenomeno del genere, molto ridotto, è realmente accaduto nel 1200 a.C. Noi lo abbiamo spesso citato: un sollevamento del livello del mare di circa 2,5 m. è realmente e geologicamente documentato. Fu quello che sommerse in parte le antiche città shardana, come Nora, Tharros, Antas, Nabui, Korra… ma anche Mozia, Palermo, Marsala città shakalasa in Sicilia e altre città del Mare degli Eraclidi. Da qui a parlare di tsunami però ce ne vuole. Se poi si ipotizza che tale tsunami fosse quello che provocò la fuga dei popoli mediterranei verso l’Oriente (L’invasione dei PdM del 1200 a.C.) i conti tornano ancora meno. Come avrebbero infatti potuto fuggire da una catastrofe del genere? Soprattutto, come avrebbero potuto armare 1200 navi (tante pare fossero quelle dei PdM)? Uno tsunami non lascia intatte né case, né tanto meno imbarcazioni di alcun genere. I conti non tornano.

•     Le dimensioni di Atlantide descritte da Platone non sono quelle della Sardinia, né della Tirrenide.La Tirrenide ormai la conosciamo per averne  pubblicata l’immagine in questo libro. Platone scrive nel Timeo: “Questo continente, Atlantide, era più grande della Libya e dell’Asia messe insieme”. Non solo la Tirrenide è molto più piccola, ma un continente del genere non ci stava proprio dentro il Mediterraneo. I conti non tornano.

•     Novemila anni prima sarebbero avvenuti questi fatti, secondo quanto scritto nel Krizia.Il nostro amico giornalista sostiene trattarsi di anni lunari, quindi di mesi. Come se al tempo di Platone non si conoscesse il calendario diviso in giorni, mesi e anni! Vecchio excamotage. I conti non tornano.

•     La posizione delle Colonne a Gibilterra è sostenuta dallo stesso Platone. Nel Krizia infatti si legge che i gemelli nati da Poseidone erano dieci, a coppie di due. Il primo nato della prima coppia aveva nome Atlante e a lui toccò il regno sull’isola capitale. “Il suo gemello, nato dopo di lui, a cui toccò l’estrema parte dell’Isola verso le Colonne d’Eracle che ora in quel tratto è detta gadirica, ebbe il nome greco di Eumelo, che nella loro lingua si dice Gadiro e dal suo nome potè nominarsi quella contrada”. La regione Gadirica era conosciuta da Greci e Romani presso Gibilterra, appunto. I conti non tornano.

•     La pianura identificata con il Campidano era lunga, sempre secondo il Krizia, tremila stadi da una parte e da duemila dal mare fino al centro della città che circondava. Uno stadio greco corrisponde a 177,60 m. e se lo moltiplichiamo per 3000 otteniamo 532.800 m. e cioè 532,8 km e 355,2 km. Una pianura grande tre volte la Sardegna stessa. Questa pianura era cintata da una fossa lunga diecimila stadi.Qui è lo stesso Platone a dire che stenta a crederci. Stiamo parlando infatti di una fossa lunga 1.776 km. Aveva ragione Platone a dubitare! I conti proprio non possono tornare.>

                   Ripetiamo: lungi da noi l’idea di boicottare chi scrive a favore della Sardinia, pur parlando di Atlantide. Noi però intendiamo precisare che la Sardinia era si un continente ora scomparso, ma si chiamava con un altro nome che era oltretutto ben noto agli antichi: il suo nome era Tirrenide.

N°2 Simbabwe

Zimbabwe-Ofir Shardana I Popoli del Mare

La scoperta dei viaggi che i Sardana effettuavano sulla costa sud occidentale dell’Africa alla ricerca dello stagno si deve in effetti a un Grande che scrisse dei Sardana nel secolo scorso.

Un grande il cui libro fu ritirato dal commercio per denuncia da parte dei solioti archeobuoni.

Per vilipendio.

Si, erano altri tempi.

Il grande Bruno Vacca, che io considero uno fra i miei tre maestri a cui devo tanto, ebbe l’intuizione  che  gli animali rappresentati nelle navicelle shardana arrivavano dalla zona sud equatoriale e che non c’erano e non sono tutt’oggi presenti nel mediterraneo.

Rappresentiamo in seguito un’immagine con questi animali.

Data dagli Archeobuoni come scoperta fatta da un navigante portoghese nel 1400 d.C. circa, Simbabwe era invece frequentata da ricercatori sumeri gi 6000 anni prima di Cristo.

            Molti studiosi sostengono oggi l’ipotesi Simbabwe. Z. Herman lo sostiene nel suo “Peoples, Seas, Ships” Raccogliendo le prove che gli Egizi estraevano molti minerali da questo luogo.

In Sud Africa e nello Zimbabwe, molti ingegneri minerari hanno cercato l’oro proprio dove vedevano antichi pozzi o tracce di attività estrattiva “preistorica”.

A conoscenza di questo particolare, l’Anglo American Corporation incaricò alcuni archeologi d i studiare questi siti.

Adrian Boshier e Peter Beaumont, concluse le ricerche, affermarono sulla rivista “Optima” di aver trovato tracce di attività mineraria antichissima.

La datazione al radiocarbonio eseguita da due diverse università, la Yale University e l’Università di Groningen (Olanda), diede questi risultati: “Attività estrattiva eseguita tra il 7690 e il 2000 a.C.!”

N°3 Il Bronzo

Spade e Armi Shardana I Popoli del Mare

Una prova della diffusione e del moopolio del Bronzo a opera dei Popoli del Mare e in particolare dei Sardana. La stessa spada con l’impugnatura “ad antenna” ritrovata in tutta Europa, nel Baltico e nel Mediterraneo: Dalla Sardinia (due ritrovamenti) a Torino, Roma, Portogruaro, Olanda, Danimarca.

N°4  Scrittura Sinaitica e Kananea

Petroglifi Sinai Shardana I Popoli del Mare

Le incisioni/Petroglifi nel Sinai

Cosa abbiamo notato fra le incisioni?

  • La stella d’Israele (o di David).
  • L’albero Sradicato (con i sette rami)
  • Un volto in pietra (Mose?)
  • Il Toro – Alef (Alfa, la prima lettera dell’alfabeto dei P.d.M.)
  • La Menorah (il Candelabro a sette braccia)
  • Le tavole della Legge (dieci Comandamenti).
  • Una nave del tipo shardana (con tanto di albero, con caduceo?)

L’Immagine sopra riporta una parte dei petroglifi rintracciati da Anati e altri studiosi sul “Monte di Dio” ne l Sinai.

L’immagine riporta anche alcuni segni scoperti da Bruno Vacca in Sardinia; nel Nuraghe vicino al Pozzo di S. Cristina, nelle campagne di Macomer e nella Jara tra Setzu e Tuili, vicino alla fonte sacra di Santa Luisa.

Le due “Stele” inoltre sarebbero quella di Nora ove è riportata da scritta B.SRDN (AB SARDON, BABAI SARDONE) e sotto il Coccio di Pozzomaggiore, che coccio non era ma una ceramica incisa con scritte sinaitiche (SRDN… e l’ALEPH).

Il coccio di Pozzomaggiore, ritrovato durante gli scavi della Sovrintendenza, fu classificato “Coccio” è finì al solito nei sotterranei del Museo di Sassari.

Leonardo Melis, ricevutane una foto da un amico (anonimo), intuì trattarsi di documento scritto e lo fece esaminare dall’amico Gigi Sanna e la Dott.ssa dell’Università di Parma.

Il risultato lo vediamo tutti.

Quello che non riusciamo a capire è il perché di questi ascondi menti da parte di chi dovrebbe invece valorizzare questi ritrovamenti.

Forse perché deve sussistere e resistere il concetto di Sardi analfabeti nella loro storia?

Le testimonianze sulla reale presenza di Israele nel Sinai (e con essi i Popoli del Mare) che  stanno emergendo da ricerche archeologiche effettuate nel deserto del Negeb, soprattutto nel monte Har Harkom ci hanno confortato in queste nostre fatiche.

Nel nostro viaggio in Val Camonica, due anni fa, avemmo notizia di un eminente studioso ivi residente che stava effettuando da anni, studi su Har Harkom: il prof. Anati.

Egli sostiene l’identificazione di Har Harkom col Monte delle Tavole della Legge. Ma non si tratta dell’unica testimonianza.

Altri ricercatori hanno ritrovato incisioni su rocce e templi con chiari riferimenti al periodo dell’Esodo.

Alcune delle incisioni riportano inequivocabili segni riferiti non solo a Israele, ma anche ai Shardana.

N°5 Nora Sommersa

Nora Sommersa Shardana I Popoli del Mare

NORA. Con i tratti di mare inabissati. Da una cartina di Sabbatino Moscati

            L’Inabissamento: un’altra prova inequivocabile dell’esistenza di queste città precedente all’arrivo di Fenici, Punici e Romani, è data dall’inabissamento di alcune di esse, fra cui Nora e Tharros.

Una parte dell’abitato è sommersa dalle acque del mare, dovuto all’innalzamento del livello del Mediterraneo, un fenomeno questo che avvenne storicamente in un periodo che va dal 1200 al 1150 a.C. (Carta Raspi).

Ora sappiamo con certezza che i Fenici uscirono dai loro porti intorno al 900-800 a.C., notizie di Cartagine in Sardegna se ne hanno intorno al 540 a.C. col disastroso tentativo di conquista da parte di Malco.

In quanto a Roma si hanno i primi contatti solo intorno al 238 a.C. dopo la famosa rivolta dei mercenari cartaginesi, che spinsero il Senato a inviare in Sardegna le legioni.

Anche se un precedente tentativo l’aveva fatto nel 259 L. Cornelio Scipione che, dopo aver conquistato Alalia in Corsica, si impadronì di Olbia, ma l’arrivo di una flotta Cartaginese lo costrinse ad abbandonare la città.

E’ ovvio quindi che né Fenici, né Cartaginesi o Romani potevano aver costruito alcuna di queste città.

N°6 Scarabei

Scarabei Egizi Shardana I Popoli del Mare

I Reperti: molti oggetti di varia provenienza sono stati ritrovati nelle tante campagne di scavi effettuate a Nora e Tharros e nelle altre città minori.

Soprattutto monili, vasi e anfore romane, puniche e anche fenicie hanno fatto pensare inequivocabilmente che si trattasse di città costruite e abitate in varia successione da questi Popoli.

Ma perché non si parla allora di città egizie, visto che oggetti di questa Civiltà sono stati ritrovati in quantità anche superiore? Perché allora tali oggetti punici, egizi e fenici non possono essere stati importati dai Sardi stessi che, quanto a viaggiare, sembra non avessero niente da imparare da nessuno, ricordando che una delle loro mete preferite sembra fosse proprio l’Egitto, al quale fornivano pesce salato in gradi quantità, come racconta Aristotele.

Un particolare importante in questi reperti egizi è che alcuni scarabei sono riferiti ai faraoni Tuthmosis III (1505-1450 a.C.) – Tuthmosis IV (1455-1405) – Amenophe III (1405-1370) – Seti I (1318-1298) – Ramses II (1298-1232) e addirittura a Menes (3300 a.C.)!

Anche se ciò non significa che questi faraoni fossero necessariamente contemporanei della città (Tharros), ciò conferma però forti contatti commerciali e scambi culturali fra le due Civiltà in tempi sicuramente remoti.

N°7 navi dei Popoli del Mare

Navi Shardana Popoli del Mare

            Un ritrovamento avvenuto nelle coste britanniche di alcune navi a prora alta, datate 1350-1300 a.C. ha fatto pensare a navi egizie arrivate in passato su queste isole intorno a tale periodo.

Come sovente accade in questi casi, si segue la strada tracciata dagli scrittori classici.

Si dà per scontato che tutto quanto ritorna dal passato appartiene sicuramente a quelle Civiltà universalmente conosciute attraverso i testi canonici tramandati dai Romani o dai Greci. Invece in questo caso sembra proprio che non sia così.

“Sappiamo, infatti, che le isole del Nord furono colonizzate da popolazioni provenienti dall’Anatolia (o in ogni caso dall’Asia Minore, N.d.A.) intorno al 1180 a.C.” (Myles Dillon e Nora Chadwic).

O addirittura a metà del III millennio secondo Leon E. Stover.

E fin qui concordiamo con quanto ipotizzato da Lorraine Evans nel suo Kingdom of the ark.

Ecco i fatti: nel 1937 vengono trovati tre vascelli antichi ancora intatti a North Ferriby (Yorkshire), per la loro caratteristica forma allungata, con scafo arrotondato e prua alta, sono classificati come navi vichinghe.

Alcuni alberi vengono portati al National Maritime Museum per essere analizzati col C-14.

Incredibilmente si ha un risultato delle analisi che data le imbarcazioni intorno al 1350-1300 a.C. Il dott. Sean McGrail le paragonò alle imbarcazioni ritrovate a Giza, proprio per la caratteristica prua alta.

Basandosi su questi dati un’altra eminente ricercatrice, la dott.a Evans, ha azzardato l’ipotesi di uno sbarco di gente egizia del periodo di Amenophe IV (Akenathon), supportata anche da alcuni ritrovamenti di monili provenienti da Tell-el-Amarna (Aketathon), la nuova capitale che Akenathon volle per soppiantare Tebe, sede del Culto di Ammone. Tali oggetti vennero trovati nei tumuli della tarda età del bronzo, nei pressi di Stonehenge.

Inoltre ella sostiene che un altro nome di Akenathon fosse Rathotis, lo stesso nome del padre della principessa Scota, che la mitologia racconta essere la progenitrice delle Genti britanniche.

Pur ammettendo che la Evans, citando gli Egizi, è andata molto vicino a una verità che li coinvolge in maniera importante per via di Mosè, dello stesso Akenathon e della Misteriosa Tribù di Dan, sosteniamo che non si tratta di navi egizie, né di navi vichinghe vere e proprie, ma di ben altro.

Chiaramente non abbiamo visto da vicino queste navi, ma la descrizione che ne fanno i loro scopritori, oltre a corrispondere alle navi vichinghe, ricordano in modo inequivocabile quei modellini di navi in bronzo ritrovate a Cipro, in Toscana, nel Lazio, nelle tombe di Cerveteri, Vetulonia, Gravisca, ma soprattutto in Sardegna, in decine di esemplari.

Esse riproducono perfettamente delle navi a prora alta, con protome animale (cervi, antilopi, gazzelle), con uno strano albero terminante spesso con un più strano anello rotante, che ha tratto in inganno i nostri illustri studiosi portandoli ad affermare che non si tratta di modelli di navi, ma di lampade ad olio(!)

N°8 Bussola dei Popoli del Mare

Bussola Shardana I Popoli del Mare

            La foto sopra riporta un congegno studiato dall’Ing. Mario Pincherle riprendendo dalla Stele cartaginese in basso a destra.

Lo studio di Pincherle fu ripreso da Leonardo Melis che lo confrontò con le navicelle shardana sparse per il Mediterraneo e soprattutto in Sardinia, dove gli Archeobuoni le definirono “lampade a olio”.

Tutto questo ci fa tornare alla mente quanto Alcinoo diceva a Ulisse, preoccupato per le ire di Poseidone e le furie del mare: “le navi dei Feaci non hanno bisogno di timone o di timoniere, ma vanno col pensiero dell’uomo e nere e lucenti solcano il mare e l’abisso sicure e indistruttibili, avvolte in una nube di vapore, conoscendo del mondo ogni contrada” (Odissea: VIII).

Se l’ipotesi formulata dall’ingegner Pincherle si rivelerà esatta, potremmo chiarire il mistero dell’anello rotante installato sulle navi shardana.

L’ingegner Mario Pincherle, esperto di Storia orientale, autore di diversi libri, fra cui Sargon di Akkad, la traduzione in italiano del libro di Enoch (il più antico libro del mondo), eminente egittologo, avrebbe rilevato su una stele cartaginese, in cui è raffigurata una nave da guerra, alcune incisioni che rappresenterebbero una bussola e un sestante!

Nelle immagini a seguire, prese a prestito dal mensile Hera, osserviamo la figura sul cassero   e confrontiamola con quelle a fianco.

Si tratta di una sfera (o un cerchio, diciamo noi) sormontata da una sorta di mezzaluna o paio di corna (un magnete, secondo Pincherle), con due nastri pendenti (strisce di pelle) ai lati.

All’interno della sfera passerebbe l’asse che, piantato sul ponte della nave, a prora, reggerebbe sia la stessa sfera, che il magnete, consentendo a quest’ultimo di girare e puntare sempre a Nord-Sud con le due estremità, mentre i due nastri pendenti consentirebbero una più corretta posizione dello strumento che, in caso di vento o moto ondoso, poteva spostare di qualche grado la “bussola”.

L’ingegner Pincherle attribuisce quest’invenzione ai Fenici, progenitori dei Cartaginesi, ma noi sappiamo che i Fenici ereditarono la loro scienza da un popolo che nel 1200 invase il Libano, mischiandosi con le popolazioni locali e insegnando loro l’arte del navigare.

Confrontiamo ora la nave shardana e quanto vi è sopra installato, con la nave della stele a fianco raffigurata: vediamo installato un albero verso la prora (invece che nel baricentro dell’imbarcazione, come di solito avviene per l’albero maestro che regge una vela).

Anche qui abbiamo un anello (o rappresenta una sfera?) sormontato da una mezzaluna (o paio di corna o una colomba, a seconda delle interpretazioni).

L’anello, secondo B. Vacca doveva essere rotante.

Cosa che consentiva, secondo noi, al supposto magnete di puntare sempre a Nord-Sud con le due espansioni polari. E’ raffigurato anche uno dei due nastri “stabilizzatori”.

Per informazione del lettore precisiamo che su alcuni dei numerosi modellini ritrovati in Sardegna e in tutto il Mediterraneo, i nastri sono due o quattro e l’anello è perfettamente sferico, mentre il “magnete” ha l’aspetto di colomba stilizzata.

Ci rendiamo conto che l’ipotesi è azzardata, ma avremmo piacere a sentire una migliore e più corretta interpretazione dello strano albero e dell’ancora più strano anello e della “colomba”.

Ci piace immaginare i marinai Shardana indaffarati a poppa con gli occhi rivolti a quell’albero di prora che indicava loro la rotta sicura “senza bisogno di timone, né di timoniere”.

N°9 Boomerang

Boomerang Shardana I Popoli del Mare

Tra le sorprese piacevoli scoperte in Egitto vi è quella dei BOOMERANG ritrovati al Museo del Cairo (quello vecchio), grazie al commento di una guida di un gruppo di amici Spagnoli.

Questo ragazzo, arrivato davanti alla bacheca che io stavo rimirando dubbioso, si mise a parlare di  boomerang in modo così spontaneo, che gli andai incontro stringendogli la mano e commentando nel mio incerto Spagnolo: “Te lo agradezco infinitamente amigo..” e andai via con una voglia di correre e di urlare…

N°10 Qadesh

Qadesh Shardana I Popoli del Mare

Resoconto della battaglia dal “Poema di Pentaur”, dal nome dello scriba che trascrisse su papiro i testi delle iscrizioni del tempio di Ramses II ad Abidos, del tempio di Karnak, del tempio di Luxor e le iscrizioni in grafia ieratica del papiro Sallier III: – Ingannata da false spie catturate presso il fiume Oronte e interrogate circa la consistenza dell’esercito di Hattusa, la divisione Ra, comandata da Ramses in persona, con la divisione Ammone, attraversano il fiume, (con loro un contingente della guardia scelta di Shardana N.d.A.).

Le altre due divisioni, Set con la nuova creata dallo stesso Ramses, Ptah, restano indietro. Ramses lancia l’attacco in testa all’esercito come sempre, a bordo del suo carro da guerra, ma deve fermarsi impietrito: dal fitto bosco escono sulla radura migliaia di carri ittiti affiancati dai Siriani e da numerosi altri alleati.

Muwattali re di Hatti era riuscito a formare la più grande coalizione mai vista fino ad allora per distruggere l’Egitto una volta per tutte. La Storia parla di 15 tra province e regni alleati, di oltre 37.000 uomini armati, di 3000 carri da guerra, quei carri di cui anche nella Bibbia si parla con terrore.

Il faraone disponeva di quattro divisioni composte da 5.000 uomini ciascuna, di cui i due terzi erano mercenari: 1.600 Qeheqs (beduini del deserto occidentale), 880 arcieri Nubiani, 100 Meswesh (Libici) e 520 Shardana, questi ultimi avevano anche il compito di guardia personale di Ramses.

I carri di cui disponevano gli Egiziani erano in numero di 200, quindi infinitamente inferiori alle forze ittite.

Il giovane faraone angosciato alza i suoi lamenti: “vedete come hanno agito i capi? Essi hanno detto al faraone, tramite le spie catturate, che il vinto Hatti era nel Paese di Aleppo, essendo fuggito davanti alla mia maestà… mentre si nasconde dietro Qadesh l’agguato”.

Gli Ittiti devastano il campo di Ramses, ma ciò fa rallentare la loro azione. Ramses, radunata la sua guardia scelta, si lancia in un disperato attacco e il suo carro fa strage dei nemici.

L’arrivo delle truppe ausiliarie di Amurru e della divisione Ptah respingono definitivamente il nemico, mettendo in salvo Ramses, il quale poi si vanterà di aver vinto una battaglia che al massimo aveva…pareggiato!

In realtà gli Ittiti si attardarono a saccheggiare il campo degli Egizi, favorendo l’arrivo delle altre divisioni di Ramesse.

Con il calare della sera ambedue gli eserciti decisero di ritirarsi.

Al generale Hattusil orami era svanita la sorpresa dell’attacco e Ramesse l’aveva scampata per un pelo.

In seguito, con Hatusil diventato re al posto di Muwatali, si addivenne a un trattato di pace (il primo nella Storia dell’Umanità documentato), sollecitato dalle rispettive mogli di Ramesse e di Hattusil. appunto 

Al di là di tutto questo, a Ramesse rimane il merito di aver capito che i Shardana era meglio averli alleati che nemici. Li stimava tanto che ne fece addirittura la sua guardia personale!

N°11 Israel

Israel Shardana I Popoli del Mare

Il Regno del Nord, noto anche con il nome di Israel, lungi dall’essere una propaggine del piccolo regno di Juda, denominato impropriamente anche come “Impero di David”, era in realtà un Regno nato dall’insediamento di alcuni elementi della coalizione dei Popoli del Mare formatasi in occasione della Grande Invasione dell’Oriente e dell’Egitto del 1200 a.C. e successivamente alleatasi con le tribù di Juda, Simeone e Beniamino durate i fatti raccontati nelle imprese di David.

Gli stessi racconti degli Egizi, come il Poema di Wenamon e altri che elenchiamo successivamente, raccontano della presenza di Tjekker, Shakalasa, Pheleset, Libu e Sardana.

Questi ultimi citati anche dalla stessa Bibbia nel capitolo di Deborah  e Sisara.

Vogliamo citare, sempre riferendoci ai nostri scritti precedenti, alcuni di questi documenti.

Quando, nel 2005 pubblicammo “Sardana i Principi di Dan” fu un terremoto e una pioggia di critiche feroci e sfottò del tipo “Il DIN DON DAN di Leonardo Melis, dai romanzi si passa al ridicolo”.

Questa frase la lessgemmo in un forum in cui partecipavano archeologi, egittologi, studiosi di vario genere e tanti amici; ecco furono i primi gli “amici” a levare le critiche e a voltare le spalle, dopo aver accolto con favore il nostro primo libro sui Popoli del Mare.

Il fatto che  parlassimo di un periodo storico in cui i Popoli del Mare e non solo i Sardana, risiedettero in quella striscia della costa Palestino/Siro/Kananea chiamata dalla Bibbia Israel o regno del Nord, fu come l’annuncio di Galileo (in piccolo s’intende) sulla Terra che gira intorno al Sole.

Come lui anche noi toccammo la Bibbia oltre  che la Storia.

Oggi si scrivono libri sulla Tribù di Dan, solitamente senza citare colui che nel 2005 ma anche nel 2001 all’interno di “Sardana i Popoli del Mare” ne scrisse contro il parere di tutti!

Che i Popoli del Mare abitassero quel tratto di terra, non fummo noi a citarlo per primi.

Furono al solito gli Egizi e la Bibbia a tirare in ballo Tjekker, Pheleset, Sardana, Akayasa, Shakalasa etc… Prendiamo alcuni scritti in cui si parla espressamente di questi Popoli.

Il Poema di Wenamon (1100 a.C.)   

            Venamun. L’autore di questo affascinante racconto ci riporta a episodi riportati anche dalla Bibbia e da altri scritti egizi, che confermano queste affermazioni sulla presenza dei P.d.M. in Palestina, in Israel e in Canaan in particolare.

Alla fine del XI secolo a.C. Wen-Amon, un funzionario del tempio di Amon a Tebe, inviato a Byblos per richiedere legni di cedro, raccontò la sua avventura in un poema che prese il suo nome.

Dopo incredibili peripezie affrontate nel viaggio dall’Egitto a Byblos, arrivato in città, si vide negare l’udienza richiesta al “Sindaco” della città.

Deluso, umiliato e incredulo per l’atteggiamento di un “vassallo” che non teneva in alcun conto la potenza del suo paese, fece di tutto finché riuscì a comprare un cortigiano che lo introdusse alla corte del capo della città: Sakarbaal.

Alla richiesta del funzionario egizio Sakarbaal (Tjeker.Baal) rispose che, se «l’Egitto voleva i legni di cedro, li doveva pagare». Wen-Amon, sempre più umiliato, inghiottì il boccone amaro e decise di inviare un messo per ottenere il pagamento dai suoi superiori. Cosa che avvenne regolarmente.

            Quando però tutto sembrava filare liscio e quando il legname era stato accatastato sulle banchine, attraccò nel porto una flottiglia con a bordo dei personaggi che entrarono a corte senza neanche farsi annunciare, affermando che il trasporto spettava a loro.

La cosa strana è che, a un rifiuto di Wen-Amon (che forse aveva dei motivi di inimicizia con loro), il re di Byblos affermò che la cosa non lo riguardava più e che essi, i Tjeker (questo era il loro nome), «potevano fare dell’egiziano quello che ritenevano opportuno, ma una volta fuori della città».

Allora, noi diciamo che Enea lungi dall’essere Trojano (Tjekker), era un alleato Dardano e genero di Priamo; questo per la Mitologia.

I Tjekker e i loro alleati non arrivarono in Italia dopo un viaggio di 400 anni circa, bensì sostarono come gli altri Popoli del Mare, in Anatolia e Siro-Palestina e Israel aggiungiamo.

A Cartagine e in Italia arrivarono si nel VIII – IX sec. a.C. ma dopo esser partiti dalle loro momentanee sedi in Oriente.

Questa, dobbiamo dire, è una lezione per storici e Archeobuoni improvvisatisi storici, che hanno riempito i libri di storia e di scuola soprattutto, oltre che la mente di moltitudini di generazioni, delle loro favole e della loro ignoranza, non solo storica, ma persino matematica!

            Noi però abbiamo su uno dei Popoli del Mare una documentazione superiore agli altri fratelli della coalizione; sia da parte degli Egizi che dalla Bibbia stessa.

Vorremmo quindi approfondire nel prossimo capitolo l’epopea della Tribù di Dan e della presenza Shardana in Siro-Palestina, per il vostro piacere e per un dovere verso la Storia.

Tjekker e Spartani

            La parentela dei Dori che arrivarono in Grecia con i Tjekker di Dor potrebbe essere documentata nella Bibbia stessa. In un passo presente nel libro dei Maccabei: (I Maccabei – XII – 5) Gionata un condottiero Judeo che prese l’eredità di Giuda Maccabeo, scrisse una lettera agli Spartani sostenendo che essi erano della stessa stirpe.

Ricordando che Ario, re spartano aveva già tempo addietro inviato una lettera a Onia, il Gran Sacerdote del tempio di Jerusalem.

Il testo della lettera recitava: “Ario, re degli Spartani, a Onia, sommo sacerdote, salute! In uno scritto riguardante gli Spartani e i Judei si è trovato che sono fratelli, perché della stessa stirpe di Abramo (Urim, N.d.A.) (I Maccabei – XII – 19).

Onomastico di Amenemope:

Il testo egizio parla dell’insediamento dei Popoli del Mare nella regione tra Kanaan, la Siria e la Palestina, lo scriba elenca  Sherden, Tjeker e Peleset.

N°12 Josuah: “Sole Fermati!”

Josuah: “Sole Fermati!”

Josuè ferma il sole  Raffaelo Sanzio – Chapron Nicholas incisore

                                 Josuè ferma il sole. Con stupore degli amici ai quali lo raccontiamo, questo fatto non costituisce per noi un problema a ritenerlo veritiero.

No, non siamo impazziti e sappiamo che Galileo aveva ragione.

Però vi è dell’altro.

Preso atto che il libro di Josuè è un insieme di racconti presi a prestito da altre epopee, se anche in questo frangente prendiamo in esame un episodio simile, lo troviamo di sicuro.

Lo troviamo nel racconto che Omero fa della guerra che si svolse a Troja.

Si, stavolta precisiamo Troja, quella vera scoperta da Felice Vinci nel Baltico.

Omero racconta che Patroclo, prese le armi dell’amico Achille, stava inseguendo i Troiani fin sotto le mura, quando sopravenne la sera.

Patroclo pregò gli Dei che gli concedessero “Due mezzogiorni senza la notte” di modo che potesse sconfiggere del tutto i Troiani.

Cosa che con la notte in arrivo non avrebbe potuto fare. Ecco, abbiamo citato il libro del Vinci, che ambienta la Guerra di Troja nel Baltico, ove il fenomeno avviene puntuale ogni anno al solstizio d’estate.

Ne abbiamo avuto conferma da Leonora Melis che studiava a Aharus in Danimarca lo scorso anno.

Leonora ci ha subito informati del fatto tramite internet in videoconferenza.

La luce del sole rimane anche di notte proprio al solstizio nei giorni tra il 20-25 giugno. Il fenomeno riguarda le terre del Baltico, per intenderci le terre abitate dai Tuatha de Dana.

Sempre più studiosi sono propensi ad accettare la teoria secondo cui le saghe raccontate da Omero sono ambientate in questa zona dei mari del Nord.

I Greci conservarono la memoria di questi fatti portati proprio da quei Denen citati dagli Egizi e chiamati da Omero Danai.

Insomma i Tuatha de Dana.

Tornando a Josuè, il racconto del sole che “si ferma” è lo stesso che Omero racconta nell’Iliade, che vede protagonista un Danao/Denen/Tuatha de Dana.

Più chiaramente una saga dei Popoli del Mare che sappiamo essere presenti nello scenario dell’Asia Minore quasi contemporaneamente ai fatti raccontati dal libro di Josuè.

Da: “Jenesi degli Urim” di Leonardo Melis (ed. PTM 2010)

N°13  Sisara Eroe Shardana in Israel

Sisara Eroe Shardana in Israel

         Il Trascrittore della Bibbia (Esdra?) o addirittura il primo Redattore (Jeremia?) non sono mai stati benevoli con il Regno del Nord che loro chiamavano Israel, salvo poi appropriarsi di questo nome una volta che le 10 Tribù scomparvero o meglio tornarono alla loro terra di origine: il Mediterraneo Occidentale da dove arrivarono in maggioranza nel 1200 a.C. con l’Invasione dei Popoli del Mare.

Questo però, se non è moralmente accettabile, fa pure parte della Storia: chi sopravive ha ragione!

            Nel caso di Sisara, si preferisce dipingerlo come un tiranno che una delle solite e discutibili “eroine” della Bibbia uccide a tradimento dopo averlo ospitato nella tenda sua e del marito, il quale era oltretutto amico di Sisara.

”Jabin, un re cananeo, che regnava in Asor e aveva per condottiero dell’esercito Sisara (Un generale dei mercenari Shardana di stanza in Palestina per conto dei Faraoni, N.d.A.) che abitava in Aroset Goim, forte di 900 carri ferrati, oppresse duramente i figli d’Israele per 20 anni…. In quel tempo era Judice in Israele Deborah… giudicava le cause fra Rama e Bet-El sui monti di Efraim… Deborah andò con Barak in Qadesh, radunò Zabulon e Neftali, 10.000 combattenti”. Da: (Shardana i Principi di Dan ed. PTM 2005 di Leonardo Melis)

Questo episodio ci ha fatto intuire che Sisara altri non era che il comandante della piazzaforte militare presso il Monte Carmelo, non lontano da Tel Aviv.

Questa piazzaforte risponde al nome attuale di Al Awaht (il muro). Scavata dall’archeologo israeliano Adam Zertal nel 1992, fu definita dallo scopritore “città shardana”. Noi l’abbiamo identificata con la biblica Haroset Goim, la città di Sisara.

L’episodio verificatosi questa estate (del 2010) ci ha lasciati un poco delusi e nello stesso tempo ci ha spronati a scrivere ancora dei “miei” Shardana.

Lo abbiamo scritto in altro capitolo: una agenzia di stampa ha diffuso la notizia su una “Scoperta effettuata dall’archeologo israeliano Adam Zertal, che identifica la città da lui scavata con Haroset Goim, sede del generale sardo Sisara.” Non vogliamo assolutamente intendere che Zertal abbia copiato da noi, ma a dir la verità nel 2005 ci capitò di incontrare l’archeologo a Cagliari alla “Cittadella dei Musei”.

In quell’occasione accennammo della nostra teoria su Sisara e Haroset Goim. Zertal si disse entusiasta e favorevole a quanto da noi immaginato.

Aggiunse anche che il nome di Sisara era per lui assolutamente sardo. E che gli ricordava la città sarda di Sassari.

Questo è quanto.

Abbiamo voluto ricordarlo, perché “La memoria umana è spesso leggera” e perché la scoperta è di Leonardo Melis, o almeno è Melis ad averla pubblicata per primo, nel 2005.

Se abbiamo fatto anche involontariamente una cortesia a Zertal, ne siamo estremamente felici.

Noi però preferiamo soffermarci sulla figura di Sisara e affermare di aver avuto il merito di identificare, oltre alla sua città Haroset Goim con la Al Awaht scoperta da Adam Zertal, identificare dicevamo, anche la sua persona e contemporaneamente provare che la Tribù di dan e il resto del Regno di Israel, non erano pastori e contadini, ma marinai con tanto di flotta nelle città della costa kananeo/Palestina.

Il Cantico di vittoria di Deborah che sconfigge Sisara, grazie a un’esondazione del torrente Kison che fermò i carri ferrati del generale shardana. (Judici: 4-5) recita:

  • “Nei Territori di Ruben grandi erano le esitazioni, perché sei rimasto tra gli ovili ad ascoltare le zampogne dei pastori?…” e
  • “Gàlaad sta fermo oltre il Jordano…”ancora:
  • “E Dan perché sta peregrinando sulle navi?”…
  • “Aser si è stabilito lungo le rive del mare e presso le sue insenature dimora.”

Dalle lamentazioni della profetessa risulta che alcune Tribù non partecipano alla battaglia e spiegheremo il perché.

Se Ruben non si capisce perché rimanga “tra gli ovili ad ascoltare le zampogne dei pastori” e non si capisce manco se  gli ovili sono i suoi o di amici e vicini di territorio, mentre “Galaad staOltre il Giordano”.

Vale a dire che manco si è mosso dal suo territorio … di Dan e di Aser dice  qualcosa di molto più chiaro.

Dice che in pratica erano dei veri e propri marinai!

In pratica, come altri abitanti la costa Palestino/kananea dopo la Grande Invasione del 1200, anche il Regno di Israel era popolato da coloro che arrivarono in medio Oriente con le loro Flotte: I popoli del Mare!

Lo abbiamo precisato altre volte:

  • Pheleset in Palestina,
  • Tjejkker a Byblos e Dor,
  • Libu a Tiro
  • Shakalasa ad Azor
  • Sardana ad Ako  e altri
Sisara Eroe Shardana in Israel

N°14 L’Arca

L’Arca Shardana I Popoli del Mare

Accertato che Mose era egizio, sacerdote e mago, oltre che generale e principe di sangue reale, quindi in possesso di conoscenze ad altri impedite, possiamo asserire che l’Arca voluta da Mose era frutto di una Scienza Antica e ancora oggi sconosciuta.

Uno strumento capace di sprigionare potenza distruttiva inimmaginabile, pericolosa anche per chi ne faceva uso senza perizia. Mose non la costruì personalmente, ma scelse due artigiani già pratici di arti e scienze varie: Besaleel, figlio di Uri, figlio di Hur della tribù di Juda e Ooliab figlio di Achimasac della tribù di Dan. Esodo, XXXVII, 35: “Il Signore li ha dotati di tale abilità, che permette loro di eseguire qualunque lavoro di incisore, ricamatore e tessitore in violaceo, porpora, scarlatto e lino; capaci di compiere qualsiasi lavoro e di spirito inventivo”.

I due costruirono il Tabernacolo, la tenda del Convegno, in cui sarà custodita l’Arca che sarà “In legno di acacia, lunga due cubiti e mezzo, larga un cubito e mezzo, e alta un cubito e mezzo.

La rivestirai d’oro di dentro e di fuori; le farai tutt’intorno, nella parte superiore, una cornice d’oro.

Farai fondere quattro anelli d’oro e li fisserai ai quattro piedi di essa: due da un lato e due dall’altro.

Farai delle stanghe di legno di acacia, e le ricoprirai d’oro; farai passare negli anelli, ai lati dell’Arca, le stanghe che serviranno per portarla e non verranno rimosse.

Porrai nell’Arca la Testimonianza che ti darò(?). Farai pure un Propiziatorio d’oro puro, lungo due cubiti e mezzo e largo uno e mezzo.

Farai due cherubini d’oro battuto alle due estremità del propiziatorio là io mi incontrerò con te e dal Propiziatorio, tra i due Cherubini, ti darò gli ordini” (Esodo: XXVI, 10-22).

N°15 Cartina Yam Suph

Cartina Yam Suph

Mose/Neb.Ka.Set

Dopo la restaurazione voluta dal generale golpista Horemheb, urgeva mettere sul trono un nuovo faraone da cui derivare un’altra dinastia, dopo lo sterminio della famiglia di Amenophe IV/Akenaton. Vediamo: . L’interesse del giovane principe per la religione bandita dal paese era pericolosa, ma il suo fascino irresistibile. Da: “Shardana i Custodi del Tempo”.

Il lettore si starà chiedendo adesso, perché L. Melis non tenga conto del racconto biblico, pur così particolareggiato nella descrizione della nascita e adozione del principe.

Lo stesso De Mille racconta che egli fu affidato alle acque del Nilo e raccolto dalla sorella del faraone: Bitya. Proprio il racconto della Bibbia ci ha fatto sempre sospettare che qualcosa non quadrava troppe inesattezze e troppa la somiglianza con un altro racconto identico ma più antico.

Quello di Sargon di Akkad, il capostipite degli Urim. Vediamo alcuni particolari del racconto, quanto collima e quanto non torna.

Mose nascerebbe a Jessen e su questo non abbiamo da obiettare. Juseppe e i suoi, ma anche gli Hyksos, si insediarono in questa terra a Oriente del Delta.

Fu affidato alla corrente del fiume dentro un “cesto di giunchi cosparso di bitume”.

Qui abbiamo la prima stonatura.

Questo particolare del bitume si ritrova nel racconto di Sargon.

Ma in Mesopotamia la cosa è giustificata dal fatto che i giunchi della zona si impregnano d’acqua e vanno a fondo.

Il giunco egizio no, galleggia da solo!

Il cesto, trascinato dalla corrente fu seguito a distanza dalla sorella di Mose.

Eh, no! Esodo Shardana

La Bibbia degli Urim

Il Nilo è un “Fiume che scorre al contrario”, per dirla con Erodoto, e gli Ebrei stavano nel Delta che sfocia o Nord, nel Mediterraneo. Non poteva trasportare il cesto verso l’interno.

Lo avrebbe trasportato in mare!

Lo raccolse la figlia del faraone che era scesa a bagnarsi con le ancelle.

Poiché non vi sono motivi che ci facciano pensare a una figlia del faraone che se ne va a spasso per l’Egitto e per di più in mezzo ai coccodrilli e agli ippopotami che popolavano il fiume, pensiamo che la fanciulla si bagnasse in un luogo protetto e possibilmente davanti alla regia.

Purtroppo anche qui i conti non tornano.

Dopo la sconfitta degli Hyksos “venne un re che non conosceva Juseppe” e precisamente un re della XIX dinastia di Tebe, che aveva la capitale (e la reggia) a Luxor.

Pur se Amenophe IV aveva spostato la capitale ad Aketaton, a metà strada fra Jessen e Luxor.

Con la restaurazione di Horemheb tutto tornò a Tebe o, se preferiamo, a Luxor.

E Luxor dista da Jessen 850 km controcorrente per di più!

N°16 Pettorale

Pettorale Mosè Shardana I Popoli del Mare

IL PETTORALE e la Tribù di Dan

Un altro importante compito diede loro (alla Tribù di Dan) Mosè: la costruzione nientemeno che del Tabernacolo e dell’Arca dell’Alleanza! Compito affidato a Ooliab figlio di Achisamach, geniale artigiano che, insieme a Bezaleel di Giuda era definito da Mose Ideatore di progetti” (Esodo XXXV: 35).

Che inoltre intesseva la porpora viola, rossa scarlatto e ricamava in bisso

(Esodo XXXV: 30, 35 e XXXVIII: 38, 23)

I Daniti conoscevano la porpora 3-4 secoli prima dell’avvento dei Fenici!

Altri oggetti e marchingegni furono magistralmente creati da Ooliab e Beezalel, il pettorale di Aronne, o Efod fu costruito e inciso da Ooliab (con lo Shamir, il “Dito di Dio”).

Ogni pietra del pettorale indicava una delle 12 tribù. Le pietre erano: sardonice, topazio, smeraldo, carbonchio, zaffiro, jaspide–ligure, agata, ametista, crisolito, oniche, berillo.

Ognuna rappresentava una tribù, il Sardio o Sardonice indicava la tribù di Dan.

N°17 URIM coloro che uscirono da Ur

URIM UR Shardana I Popoli del Mare

          Dalla cronologia storica deduciamo quindi che: verso il 2.300 a.C. in Asia Minore succede qualcosa di catastrofico, che costringe un gran numero di Popolazioni a fuggire.

Una parte si muove verso il Nord (Penisola Anatolica) per proseguire in diverse direzioni, sia per via mare che per via terra; parte di essi invade il centro dell’Europa.

Risalendo il Dniepr e il Dvina (il porto dei Boristeniti, alla foce del fiume Boristene, attuale Dniepr, si chiamava Olbia – Erodoto IV: 17/18), alcuni gruppi raggiungono il Baltico (golfo di Riga) e si insediano nella penisola Scandinava, Isole Frisone, Danimarca e Irlanda, altri seguono il percorso del Danubio (notare la radice DN in tutti questi toponimi), dando origine alle tribù celtiche (Celti, Galli, Galati, Caldei?).

Un altro grande gruppo (Abramo?) si insedia in parte sulle rive del Mar Morto e in parte, a bordo di veloci navigli, volgono verso il Mediterraneo Occidentale e si installano nelle isole maggiori, nelle coste iberiche e nel Nord Africa, da questi luoghi partiranno poi per le loro scorrerie che toccheranno anche e soprattutto l’Egitto.

N°18  Vela Shardana

Vela Shardana I Popoli del Mare

Navi dei Popoli del Mare con vela moderna

LE VELE SHARDANA Quando nel 2005 pubblicammo “Shardana i Principi di Dan”, con l’aiuto dell’esperienza marinara dell’amico e collega studioso Gian Giacomo Pisu, ufficiale della Marina Mercantile, pubblicammo lo studio delle Vele Shardana rappresentate a Medinet Abu, vele che a parer nostro erano le antenate della vela moderna. La vela triangolare che consente di navigare anche contro vento, facendo a meno dell’uso dei remi. Recentemente abbiamo avuto il piacere di incontrare un amico ingegnere con la passione della vela, il quale ci ha annunciato di essere riuscito a realizzare questo modello di vela moderna e di averlo sperimentato con successo. Gli abbiamo chiesto di scriverci due righe di resoconto. Ecco.

<<Numerosi studiosi dell’antichità quali Leonardo Melis, Bruno Vacca, Gian Giacomo Pisu ed altri ancora, stanno diffondendo la cultura e le vicende legate ai Popoli del Mare tra i quali i nostri Shardana.

Esiste sostanziale accordo sul fatto che si trattasse di navigatori dotati di capacità fuori dal comune per l’epoca in cui operavano ed in grado di circumnavigare l’Africa alla ricerca dello stagno necessario per la produzione del bronzo, tenuto presente che la nostra isola era ricca di rame ma poverissima di stagno (metallo quasi totalmente assente).

Sul come navigassero e con quali mezzi di propulsione e di governo sono state fatte vaghe ipotesi. Si è ipotizzato che sfruttassero le correnti marine presenti con diverse direzioni e velocità nelle varie parti dell’anno. Sicuramente non usavano i remi per spostamenti in alto mare ed ancor meno per circumnavigare l’Africa, dal momento che sicuramente arrivavano alle foci dei fiumi Zambesi e Limpopo per risalire sino alle miniere del Grande Zimbabwe. Sicuramente navigavano a vela con un piano velico che permetteva di procedere seguendo rotte prestabilite e sfruttare i venti provenienti da qualunque direzione.

Tutti i piani velici attualmente in uso presuppongono l’uso del timone e tutti gli scafi sono dotati di una o più chiglie per ridurre lo scarroccio, cioè l’allontanamento dalla rotta prestabilita. Convinto che quei popoli navigassero con estrema perizia, ho deciso di immaginare e successivamente realizzare un piano velico che avesse le seguenti caratteristiche:

  • facilità di gestione anche con equipaggio ridotto
  • buona efficienza fluidodinamica
  • capacità di navigare in assenza di timone in tutte le andature.>>

Mario Marongiu. Per il nuovo  libro di Leonardo Melis: “Shardana la Bibbia degli Urim”

19 CALENDARIO dei Popoli del Mare

CALENDARIO dei Popoli del Mare Shardana

Feste celtiche e sarde

LUNARI (o del fuoco):

  • Beltane (1° Maggio) = S. Ephis (in Sardinia le feste hanno preso nomi di santi cristiani)
  • Lughnasad ( fine Agosto) = Lunas, S’Inkunja (il Raccolto). Le varie feste equestri, candelieri… intitolate all’Assunta e ad altri Santi.
  • Samain (31 Ottobre) = Sas Animas  (il culto dei Morti. Le usanze sono identiche in Sardinia )
  • Inbolch (Genn. Febbraio) = Feste dei Fuochi (oggi intitolate a S. Antonio e S. Sebastiano)

SOLARI (o della luce)

Solstizi ed Equinozi.

In Sardinia hanno preso nomi Cristiani, ma le celebrazioni sono rimaste intatte.

  • Ostara – 21-25 Marzo: equinozio di Primavera. A Pasqua il rito del sacrificio del primo nato e l’offerta del germoglio di grano (nenneri) dedicato una volta a Baku-Dioniso.
  • Lyta  – 21-25  Giugno: solstizio estivo, Lampadas. Oggi S. Giovanni. Una volta dedicata all’iniziazione dei giovani. Accompagnati dal “Santuanne”, il padrino, i giovani si cimentavano nel salto del fuoco. Si celebrava anche il “comparatico” fra uomini , ma anche fra donne. Regalando un certo tipo di erbe si rafforzavano amicizie con un giuramento davanti al fuoco sacro.
  • Mabon – 21-25 Settembre: equinozio d’autunno,Capudanni. Inizio dell’anno agricolo con “Sos akkordos”. Si stipulavano i contratti per la gestione di un campo o di un gregge. Oggi S. Maria  e Santu Millanu, S. Gemiliano(?)
  • Yule – 21-25 Dicembre: solstizio d’inverno, Paskixedha (leggi paschiscedda con la SC dolce e la D dura)… Le celebrazioni antiche non figurano più, soppiantate da una celebrazione troppo importante per il Nuovo Culto: Natale. I Sardi lo considerano una “Piccola Pasqua”, quindi una “Piccola Rinascita”. Effettivamente il sole comincia nuovamente ad allungare il suo percorso.

N°20 SHARDANA I TEMPLARI

SHARDANA I TEMPLARI I Popoli del Mare

Abbiamo rintracciato alcune chiese con “Tracce Templari”: San leonardo di Siete Fuentes, presso Macomer. San Giovanni a Laconi (dove abitiamo attualmente).

San Francesco di Stampace e Santo Sepolcro a Cagliari. Sant’Antioco di Bisarcia presso Ploaghe.

A San Pietro di Sorres, presso Sassari è conservato dai frati il sarcofago di Goffredo il Benedettino, medico di San Bernardo di Clairvaux!

In una chiesetta intitolata a S. Antonio, che risulta essere più antica della stessa chiesa parrocchiale, abbiamo rintracciato addirittura il Demone Asmodai (o Baphomet?) scolpito nella facciata.

In questa chiesa si celebrano il 16-17 gennaio i riti del fuoco e la festa di S. Antonio.

Una chiesa che conosciamo bene, visto che sorge nell’abitato di Pauli, nel comune di Laconi, dove viviamo attualmente.

N°21 Lo Gnù e il Dan.Gir

Lo Gnù e il Dan.Gir I Popoli del Mare Shardana

L’amico Bruno Vacca, che ci diede lo spunto per approfondire questa ricerca, citava nel suo libro una antilope d’acqua e una gazzella di Thompson che risultavano essere rappresentate  in quelle protomi delle navicelle shardana e da sempre definite “Bue con corna esili e bue con corna lunghe ”, naturalmente dai miei amici archeobuoni, fra cui Babai Lilliu nel suo librone sui bronzetti sardi.

Noi abbiamo continuato la ricerca e abbiamo ottenuto un risultato che ha stupito lo stesso Vacca.

Decine e decine di animali esotici, che nel Mediterraneo non potevano essere visti,

ma che ancora oggi vivono liberi nelle savane africane.

Gnù, Antilopi, Gazzelle, Bongo, Facocero, Varano, Scimpanzé

N°22  Le Tavole della Legge?

Tavole della Legge I Popoli del Mare Shardana
  • Le Tavole della Legge; non quelle che ci sono state da sempre proposte come una sorta di insegna da Mc Donald. Queste ultime ernoa semplicemente il cartiglio di tipo Hyksos, suo e identico a quello del faraone Amenoteph IV, conosciuto come Akenaton. Cartiglio che riportiamo fedelmente in foto. Regalataci da un’amica che frequenta il museo Egizio di Torino.

22 Tavole della Legge

Le Tavole della Legge I Popoli del Mare Shardana

Cartiglio con il nome di Akenaton (Amenophe IV) quello a destra riproduce l’altro presente al Museo di Torino (parte sinistra). (Da: http://blog.libero.it/osiris)

Chiaramente queste sono supposizioni, logiche, ma sempre supposizioni.

Oltretutto, a cominciare dalle Tavole che abbiamo spiegato non essere quelle tramandateci da biblisti e catechiste improvvisate, oltre che da libri scolastici piuttosto poco attendibili, la Bibbia spiega chiaramente che Mose le ruppe quando scese dal Monte di Dio e vide che il popolo si era messo ad adorare e a sacrificare presso il Vitello d’oro;  riscrivendole dopo aver castigato i sacrileghi.

Abbiamo dei dubbi sul fatto che avesse ripreso questa iconografia per “non offendere Dio”, il quale avrebbe fatto prima a consegnargliene delle altre uguali. Cosa che non risulta affatto.

Ora però dobbiamo fare un chiarimento sulle Tavole e sui Comandamenti dati da Jahweh

N°23 Gonario Judike di Torres

Gonario Judike di Torres

Nel nostro viaggio di studio in Camargue, nell’estate del 2008, volemmo visitare i luoghi dei Crociati e gli amici che ci accompagnavano vollero mostrarci la Chiesa di Aigues Mortes, da dove i Crociati ricevevano i Sacramenti prima di prendere il mare per la Terra Santa. Qui S. Luigi IX fece incidere  la lastra con la preghiera e con il motto “Dieu le veut”.

Quel che però apprendemmo da qualcuno degli accompagnatori fu il racconto di “Un Re Santo che venne dalla Sardinia a sostituire Bernardo di Clairvaux dopo la sua morte”.

Noi sappiamo che in Sardinia di Santi presunti ve ne sono a profusione, ma il Santo unico e documentato storicamente come sardo è quel fraticello che visse nel borgo dove oggi noi abitiamo: Ignazio da Laconi.

Con nostro grande stupore, gli amici ci documentarono che quel Santo che essi veneravano era un Re vero, un Crociato e Templare, la cui immagine è esposta nella Cattedrale di Citaux, con la dicitura “Gonarus Rex Sardinia”.

            Gonario, Judike di Torres, nasce da Costantino di Torres nel 1114.

Il padre si fece monaco cistercense (e già qui abbiamo la spiegazione di quanto gli amici Francesi asseriscono sulla sua amicizia con Bernardo di Clairvaux) e il tutore di Gonario, membro della potente famiglia degli Atena, tenterà di ucciderlo, dopo aver avvelenato Costantino(?).

Un fedele amico del padre, certo Ithokor Gambella, lo porterà in salvo a Pisa.

Nella città toscana conoscerà Bernardo nel 1132. Al rientro da Pisa, dopo aspre battaglie, sbaragliò i suoi nemici. Ripreso possesso del trono, cominciò a realizzare santuari dedicati a Nostra Signora.

Cominciò col restaurare la Basilica di Saccargia, costruita alla sua nascita.

In questa chiesa farà sistemare un simulacro della Madonna Nera. Successivamente realizzerà il primo dei santuari e forse il più caro alla gente sarda.

Il santuario di Monte Gonare.

Una “Kumbessìa” o Muristene costruito sopra un pozzo sacro dedicato alla Dea Madre.

Muristene era anche la costruzione esistente nel sito dove fu costruita Saccargia.

I Muristenes, o Kumbessìas come sono chiamati nel Sud Sardinia, sono delle costruzioni composte di piccole dimore che circondano un santuario in piena campagna.

I Sardi, oggi come ieri, vi si recano in occasione della Festa. E’ d’uso dormire almeno una notte nel Muristene, memoria delle usanze dei tempi degli Avi Sardana.

I Sardi però solitamente trascorrono l’intero novenario mangiando bevendo e pregando.

Oggi come ieri.

Di Deleddiana memoria è il Muristène del Rimedio a Orosei descritto in “Canne al Vento”.

Un’usanza ancora oggi praticata dai Sardi nelle feste d’estate.

Molti di questi Muristènes sono dedicati a Nostra Signora, in memoria forse del Culto della Dea Madre.

Gonario fece costruire anche altri santuari dedicati alla Vergine, anche negli altri Judikati (regni) di Cagliari, Arborea e Gallura, ove regnavano altri sovrani anch’essi, forse, legati al ri-nascente Culto della Vergine predicato da Bernardo.

Fece restaurare diversi santuari applicando lo stile gotico (S. Maria di Tergu Saccargia stessa mostra nei capitelli dei Gargouilles del tipo Notre Dame de Paris), Santa Maria di Paulis sarà fondata dal figlio di Gonario con l’aiuto dei monaci di Clairvaux (nel 1205).

La prima abbazia, voluta proprio da Bernardo in visita nel Logudoro, fu Santa Maria di Capu Abas, presso Sindia. Gonario partì soldato in Terrasanta e al rientro incontrò ancora Bernardo a Cassino.

Monsignor Filia: “Gonario, figlio di Costantino, al ritorno dalle crociate passò dalla Puglia et de ventura dait in una terra ue fuit Santu Bernardu de Claravalle”.

Bernardo inviò 150 monaci e 50 conversi…a Capu Abas (S. Maria di Corte)  nel 1149 e raccomandò Gonario a papa Eugenio III.

Rientrato in patria, Gonario lasciò il regno al figlio Barisone all’età di anni quaranta per seguire la chiamata del suo amico che lo voleva a Clairvaux.

Nel tragitto verso la Francia, apprese della morte di Bernardo e visse alcuni anni da eremita in una grotta della Lunigiana. Nel 1154 si recò a Clairvaux ove morì in odore di santità.

Ultimamente abbiamo appreso, sempre grazie agli amici della Camargue, che Gonario fu il primo successore di Bernardo nell’abbazia di Clairvaux.

In molte chiese cistercensi si può vedere Gonario sotto il manto della Vergine insieme ad altri beati.

Addirittura in Belgio, nell’abbazia di Notre Dame di Scoumont, vi è un quadro con simile immagine.

Gonario è invocato nelle litanie dei Santi nella liturgia delle chiese sarde per ordine di Mons. D’Esquivel (1622).

Le tracce dei Templari in Sardinia crediamo cominciassero proprio con Gonario.

N°24 Un Tempietto in Egitto con delle strane rappresentazioni

Tempietto in Egitto Shardana I Popoli del Mare

Proponiamo un “memorial” di uno dei viaggi di Leonardo Melis.

Egitto 2007, raccontato da lui in prima persona.

<A febbraio 2007 Stavo preparando la conferenza al Consolato Generale d’Italia in Svizzera, quando mi arrivò una mail da parte di una signora gentilissima che mi chiedeva se potevamo incontrarci aveva da darmi alcune informazioni credo, perché poi si rammaricò molto di non essere potuta intervenire al convegno.

Passato ormai tanto tempo, avevo scordato questo fatto quando, all’inizio di aprile di quest’anno (2008 n.d.r.), mi arrivò una telefonata dall’Egitto da una persona che mi chiedeva se mi interessava partecipare a un progetto riguardante i “miei” Shardana e l’Egitto appunto.

Durante la nostra conversazione la signora mi propose di esaminare alcune foto di un sito da lei studiato nei pressi di Luxor. Accettai volentieri, perché da quanto mi diceva appariva chiaro che vi erano dei riferimenti a qualcosa che stavo studiando da tempo qui in Sardinia.

La signora mi ricordò anche essere la stessa persona del precedente contatto. Mi spiegò che tra le tante cose esaminate in particolare ve ne era una che lei giudicava essere una sorta di lampada del tipo per intenderci di quelle di Dendera.

Diceva anche che, a suo parere, vi erano rappresentati degli autentici circuiti lettrici. La foto è quella che riportiamo.

Vi è anche un “esserino” che armeggia su una specie di sostegno della lampada che, a guardarlo bene, ricorda proprio quello che a Dendera sta sotto una delle lampade.

Quella sorretta da uno Djed.

Naturalmente le chiesi di mandarmi altre immagini che riportassero il resto della scena.

Le foto arrivarono.

Quanto vidi mi lasciò di sasso.

La foto della “lampada” era un’immagine di una piccola componente di qualcosa di più grande e incredibile da credere. All’interno della stanza vi erano figure di personaggi più o meno noti: faraoni, Dei, Dee

Personalmente ero interessato a una figura di Osiride simile a un bronzetto shardana presente in Sardinia.

Ma quello che mi stupì era il contorno e gli altri oggetti presenti nella scena.

Vedevo con i miei occhi quanto avevo sempre immaginato di quell’oggetto costruito da Ooliab di Dan su richiesta del principe Mose.

Un oggetto dai poteri micidiali e impossibili da giustificare con un metro soltanto scientifico per quell’epoca.

Tanto da doverlo definire “progettato da Dio stesso”!>.

N°25 Nora la Città Sommersa

Nora Città Sommersa I Popoli del Mare Shardana

Da anni cerchiamo di dare una risposta a quanti ci chiedono di datare i Nuraghe, almeno quelli più antichi presenti in Sardinia.

Noi alla domanda, rispondiamo sempre “Quando troveremo un nuraghe sott’acqua, allora potremo datarlo”.

Nelle continue ricerche e segnalazioni di amici e lettori, spesso ci siamo imbattuti in qualcosa che somigliava a un nuraghe sommerso, senza però riuscire a individuarlo del tutto e poterlo conseguentemente studiarlo.

Una segnalazione a cui accennavamo a inizio  del capitolo, da parte di una lettrice, guida archeologica in quel di Nora, antica città denominata dai Greci e attribuita a un certo Norace che veniva dall’Iberia appunto per fondare una città; questa segnalazione dicevamo ci portò a scoprire un Filmato degli anni 50 (1950) dell’Istituto Luce, prodotto a cura della Sovrintendenza di Cagliari. In questo filmato il sub archeologo scopre una città a venti m. sott’acqua.

Naturalmente lui la chiama città romana!

Noi sappiamo che invece una città sita venti metri sott’acqua è di età nettamente anteriore e di molto al periodo romano. Avevano ragione i Greci stavolta!

Altre volte abbiamo datato rovine del genere grazie alla geologia marina e a uno strumento inviatoci da un amico lettore e geologo (Misha Vivarelli) che noi chiamiamo Grafico Eustatico.

Shardana I Popoli del Mare

Chi viveva allora in questa città di 9000 anni fa?

Perché sull’identificazione di queste mura che si vedono nel filmato dell’Istituto Luce non ci sono dubbi, si tratta di una città; niente nurakes, niente capanne di pastori, semplicemente una città; una città che non ha niente da invidiare in quanto ad antichità alle più famose Jeriko in Palestina,  Gobekli Tepe, Thiuanako e altre città millenarie.

Si, perché i 9.000 anni sono attribuiti dal calcolo dovuto alla profondità a cui sono arrivati i ricercatori, impediti dalla poca visibilità per poter scendere ancora di più.

Ma forse questa scoperta ci porta a interpretare una delle tante leggende attribuite dai Greci alla Sardegna che essi conoscevano solo per sentito dire.

Raccontano infatti i loro scrittori, tutti nati dal VI –V sec. a.C. in poi, che “Norace, figlio di Hermes e di Eritheia figlia di Gerione, venne dall’Iberia (e ti pareva!) per fondare la prima città dei Sardi(!)”

Noi interpretiamo così: “Norax (il nome antico del Nurake) diede origine alla nuova civiltà fatta di città moderne”.

Città moderne come quella scoperta negli anni cinquanta del secolo scorso e attribuita ai Romani!

Peccato che questa città si trovi a 15-20 m. sott’acqua; e in Sardinia questo significa solo una datazione che ci riporta a 9000 anni fa.

La Sardinia infatti è una terra non soggetta a bradisismo e il mare Mediterraneo ne indica la datazione a seconda del livello attuale e passato.

N°26 Elettricità in Egitto

Elettricità in Egitto
Elettricità in Egitto Shardana
Elettricità in Egitto Popoli del Mare

N°27 Pajare in Sardinia

Pajare in Sardinia

Poiché un antico detto recita che “una ciliegia tira l’altra”, a gennaio di quest’anno (2011 n.d.A.) ci arriva una segnalazione di una strana costruzione più a Nord di quella di Pozzomaggiore già pubblicata.

Anche stavolta si tratta di una costruzione a gradoni, ma di forma tondeggiante.

A noi ricorda le Pajare pugliesi e alcune costruzioni delle Baleari, sempre a gradoni.

Appena il tempo di esplorare la “Pajara”, che già un’altra segnalazione ci arriva dalla zona della Prima Ziqurat, nel Nord Sardinia.

Questa è più alta e ricorda la “Torre di Babele “ dei film anni -50.

L’annuncio in Conferenza di sabato 26/02/2011 della scoperta destava l’interesse dei Media e la probabile reazione della “Scienza Ufficiale” che dichiara trattarsi di sicuro di qualche ricovero di pastori (a tre o quattro piani!) o al massimo di “Neviere”! Si, di Neviere.

Questo quanto dichiarato da un addetto ai lavori alla domanda da parte di Daniele (uno degli scopritori).

Le Neviere, anzi le “Domus de su Nie” (case della neve) erano costruzioni che si potevano vedere nel Gennargentu fino ai primi del secolo scorso.

Si tratta di pozzetti con copertura in pietra ove i Baroni della zona conservavano la neve per la produzione dei sorbetti in estate.

Vi è il sospetto che l’esperto  interpellato abbia preso un granchio, visto che la “Neviera” si trova alla periferia di una città a livello  del mare!

N°28 Zigurat in Sardinia

Zigurat in Sardinia

<A gennaio 2010 ci siamo recati in loco, con il Sindaco Tonino e  l’amico Mariano. Con noi c’era anche Patty Pasquarella che scoprì il tempio di Deir el Medinet nel 2008.

Cominciamo a vedere come si presenta lo strano sito.

Vediamo che la costruzione più importante si presenta con una forma a noi ben nota.

Una forma che ricorda altri piccoli tempietti presenti in sardinia a forma di nave e riproducenti le Esedre delle Tombe di Giganti.

Nel mezzo del recinto vediamo una sorta di linea separatrice.

Proprio a questo livello si trova la costruzione a gradoni che riteniamo sia una Ziggurat.

Nelle foto a seguire vediamo meglio quanto ipotizziamo.

Teniamo presente che l’illustrazione riguarda la parte centrale dell’Insediamento.

Il terreno intorno è però cosparso di altre costruzioni, alcune a forma di nuraghe.

Recinzioni di mura spesse anche 5-6 m. sono sotto il lentischio e gli alberi di leccio.

Un complesso che ha una estensione ragguardevole e che ci ha fatto pensare addirittura a una città, di quelle per intenderci di stile mesopotamico, con al centro l’Esagila con la Ziggurat ove soggiornava il Dio della città.

E’ il “Trono” in cui si insediò Nabu quando fu mandato in esilio nelle Isole dell’Occidente a fine del terzo millennio?

I Testi sumeri ci dicono che “Nabu salpò verso il Grande Mare” E ancora: “Nabu fuggì in un’isola del Grande Mare”.

Insomma, esaminando i fatti che raccontiamo in questo libro, pare che Nabu (e forse suo nonno Enki) visitassero quest’isola “in mezzo al Grande Mare” (Mediterraneo Occ. n.d.A.) più volte.

Di sicuro nel 2050 a.C. circa Nabu dovette fuggire dall’ira del fratello e del cugino di suo padre Marduk (Nergal e Ninurta).

Questi due si allearono contro Marduk che richiedeva la supremazia sugli Dei.

Ne conseguì un conflitto che inizialmente vide Marduk soccombere, ma la controffensiva delle sue armate guidate dal figlio Nabu fecero cambiare le sorti della guerra.

Nabu riuscì a conquistare le terre dell’Occidente e a costituire un’alleanza di regni che si scontrarono sovente con le città sumere guidate dagli enliliti Nergal e Ninurta.

Questi conflitti sono raccontati anche dalla Bibbia nell’epopea di Abram. La storia della guerra dei cinque re (fra cui i re di Sodoma e Gomorra) contro i quattro re “assiri” nel 2040 a.C. circa fa parte di questa epopea.

Ciò non significa necessariamente che due Dei, Nabu ed Enki, arrivassero fisicamente nell’isola di Sardinia, ma che popoli che seguivano il loro culto approdassero nell’isola!

La presenza di Enki è indicata dal proliferare del suo culto, quello dei pozzi sacri.

La presenza di Nabu è invece molto probabilmente fisica.

Nabu non era un Dio, ma un semidio, né più né meno che i vari Eracle, Gilgamesh, Sargon, Perseo, Romolo  ecc.. Suo padre era Marduk e sua madre una terrestre di nome Sardanit (Sarpanit)!

Perché dunque possiamo sostenere che Nabu arrivò in Sardinia?>

N°29

Shardana Popoli del Mare

N°30 Mose o Neb.Ka.Set?

Mose o Neb.Ka.Set

Il personaggio biblico che forse ci è più simpatico e che però abbiamo messo più in discussione, è senza ombra di dubbio colui che la Bibbia chiama con un nome egizio: Mose.

Già dal nostro primo libro “Shardana i Popoli del Mare” egli occupa gran parte dei nostri scritti.

Allora ci servimmo degli scritti, anzi manoscritti, di Sigmund Freud.

Pubblicati dalla rivista francese Imago nel 1937 e nel 1939.

Nella descrizione di Freud il Mose ebraico rivela la sua identità egizia già dal nome che, lungi dal voler significare “Tratto dalle Acque”, significa invece “ ha donato”.

Spieghiamo meglio. La parola Mose era sempre unita al nome di un Dio: Ra.mose (Ra ha dato un figlio), Toth.mose, A.mose (Amone ha dato un figlio)

Se significasse tratto dalle Acque, questo sarebbe riferito alla Acque Materne.

Freud scrive che Mose era egizio, ma non dice chi fosse. Precisa solo che si trattava di un seguace della religione di Amenophe, il faraone eretico che cambiò il suo nome in Akenaton.

Oggi questa teoria che noi proponemmo nel 2002, riprendendola da Sigmund Freud, è accettata da molti studiosi.

Noi però nel frattempo siamo andati oltre, arrivando anche al vero nome di Mose.

Intendiamo il vero nome del “Personaggio di nobile lignaggio che prese il nome di Mose”.

Al solito dobbiamo essere onesti e precisare che qualcuno già prima di noi si avvicinò tantissimo a questa nuova nostra teoria.

Si avvicinò tantissimo, ma fu impedito ad andare oltre dalla situazione e dagli eventi del suo tempo.

Stiamo parlando di un personaggio che ha fatto la storia del cinema  degli anni -50 con un film capolavoro che aveva un titolo esplicativo: “I Dieci Comandamenti”.

Il regista di questo film, Cecil de Mille, ebbe il grande merito di proporre un Mose erede al trono d’Egitto.

Egli lo presentò come vero principe ereditario, ma non osò dire tutta la verità sulla sua origine.

Il mondo usciva dalla tragedia della seconda guerra mondiale e la questione dei Judei e della Shoah era in primo piano.

Osare scrivere che Mose non era Ebreo/Judeo e fors’anche era più che rischioso.

Noi però siamo sicuri che il regista americano sapesse la verità vera.

Anche perché il film, colpevole di aver accentuato la famosa traversata del Mar Rosso in mezzo a “due muri d’acqua”, aveva però rimarcato in modo incredibile la presenza dei Shardana o preferibilmente dei Mercenari Sardi.

Oggi i tempi sono cambiati e nessuno si offenderà se scriveremo quanto trovato nei testi egizi e nei muri del tempio di Luxor di un “Personaggio di stirpe reale, erede al trono d’Egitto, che fu esiliato e il suo nome cancellato dai documenti e dai monumenti”

Questa è la frase che De Mille fece dire al faraone Seti I quando questi è costretto a bandire il Principe Mose, su precisa denuncia del fratellastro di questi, Il futuro Ramesse II.

Adesso prendiamo da uno dei nostri libri quanto riguarda questi fatti. Ci riferiamo a “Shardana I Custodi del Tempo”.

Dopo la restaurazione voluta dal generale golpista Horemheb, urgeva mettere sul trono un nuovo faraone da cui derivare un’altra dinastia, dopo lo sterminio della famiglia di Amenophe IV/Akenaton. Vediamo:

< A questo punto si trattava di eleggere un nuovo faraone. Fu individuato un soldato di valore, comandante in seconda dell’esercito e generale dei mercenari Libu, Shardana e Tjekker. Il suo nome era appunto Ramessu. Ramessu I regnò dal 1292 al 1291 a.C. lasciando subito il regno al figlio Seti. Anche Seti era soldato di valore cresciuto a fianco del padre fra i mercenari. Seti aveva un figlio che al tempo delle persecuzioni contro i seguaci di Aton aveva si e no cinque anni. Aveva però conservato nella mente quei martiri che morivano invocando il loro Unico Dio un Dio d’amore che impediva loro di ribellarsi alle persecuzioni volute da Horemeheb>.

L’interesse del giovane principe per la religione bandita dal paese era pericolosa, ma il suo fascino  irresistibile.

<Chissà? Forse aveva anche saputo della delegazione di Gente venuta dalle “Isole del Grande Verde” da cui anche la sua famiglia aveva origini e che aveva invitato il faraone e la sua consorte e la corte tutta a “Tornare al culto dell’Unico Dio”. Quel Dio che, per la sua Gente arrivata da quella magica isola a Occidente, non aveva nome ma che era ovunque. Neb.Ka.Set.Nebet, questo il nome del principe, era stato designato da Seti quale suo erede, essendo anche il primogenito. La sua fede nel Dio Unico ebbe modo di rafforzarsi ascoltando i racconti dei soldati shardana che arrivavano dall’Isola che aveva il loro nome. Nessuno, in quella terra benedetta dalla natura avrebbe mai perseguitato un suo simile perché adorava altra Divinità. Neb.ka.set non nascose le sue idee al padre, che forse lo approvava. Purtroppo il principe ereditario aveva anche un fratello che aspirava al trono. Il principe, denunciato dal fratellastro, fu costretto all’esilio con tutti i suoi compagni.> Da: “Shardana i Custodi del Tempo”.

Il lettore si starà chiedendo adesso, perché L. Melis non tenga conto del racconto biblico, pur così particolareggiato nella descrizione della nascita e adozione del principe.

Lo stesso De Mille racconta che egli fu affidato alle acque del Nilo e raccolto dalla sorella del faraone: Bitya.

Proprio il racconto della Bibbia ci ha fatto sempre sospettare che qualcosa non quadrava troppe inesattezze e troppa la somiglianza con un altro racconto identico ma più antico.

Quello di Sargon di Akkad, il capostipite degli Urim.

Vediamo alcuni particolari del racconto, quanto collima e quanto non torna.

  • Mose nascerebbe a Jessen e su questo non abbiamo da obiettare. Juseppe e i suoi, ma anche gli Hyksos, si insediarono in questa terra a Oriente del Delta.
  • Fu affidato alla corrente del fiume dentro un “cesto di giunchi cosparso di bitume”. Qui abbiamo la prima stonatura. Questo particolare del bitume si ritrova nel racconto di Sargon. Ma in Mesopotamia la cosa è giustificata dal fatto che i giunchi della zona si impregnano d’acqua e vanno a fondo. Il giunco egizio no, galleggia da solo!
  • Il cesto, trascinato dalla corrente fu seguito a distanza dalla sorella di Mose. Eh, no! Il Nilo è un Fiume che scorre al contrario, per dirla con Erodoto, e gli Ebrei stavano nel Delta che sfocia o Nord, nel Mediterraneo. Non poteva trasportare il cesto verso l’interno. Lo avrebbe trasportato in mare!

N°31 Circoncisione dei Popoli del Mare

Circoncisione dei Popoli del Mare

N°32 L’incredibile Documento Scritto

Shardana Popoli del Mare Documento Scritto

L’incredibile Documento Scritto

Poiché le scoperte non vengono mai sole, riportiamo una foto riferita a un reperto in terracotta presumibilmente conservato nel Museo archeologico di Sassari o nello stesso Comune della Zigurat di Pozzomajore.

La foto ci fu mostrata da alcuni amici del paese in questione.

Una foto scattata forse all’atto del ritrovamento.

Personalmente non abbiamo ancora visto il reperto stesso.

Dovremo quindi far riferimento all’immagine che nel frattempo ci hanno inviato gli amici di Pozzomajore via mail e “in forma anonima” per evitare problemi eventuali.

NB. Il documento lo demmo all’amico Gigi Sanna che, con la collaborazione di una Prof. Dell’Università di parma lo tradusse, trovando la scritta in alto MRDN, (SRDN) e altre lettere dell’Alfabeto Sinaitico. L’Alfabeto che diede origini alla Scrittura Alfabetica che in seguito “I Popoli del Mare regalarono ai loro amici kananei” (Sir leonard Wooley).

N°33 Uno Djed in Sardinia

Djed in Sardinia

Uno Djed gigantesco abbandonato in un cantuccio di un museo come avanzo di pietre di scavo in una delle città shardana della costa occidentale della Sardinia.

Dopo la scoperta di un altro Djed conservato nel Museo di Cagliari, sempre trovato anche questo in una delle citttà shardana della costa occidentale, questo fu una delle scoperte di Leonardo Melis.

Non si capisce perché queste città definite “fenicie” dagli Archeobuoni sono letteralmente piene di reperti e gioielli egizi spesso datati al 2° millennio a.C. E persino di bronzetti del 2° Millennio, spesso rappresentanti divinità egizie!

 altro DJED  conservato nel museo archeologico di Cagliari

N°34 Sfingi e Altari

Sfingi e Altari

N°35 Sfingi

Shardana Popoli del Mare Sfingi

Nella conferenza di sabato 26/02/2011 annunciavamo al pubblico, già meravigliato per le nuove Ziqurat, il ritrovamento di una Sfinge nella favolosa penisola del Sinis, già consacrata al Dio Nanna/Sin e residenza di Shardana e Tursha fino al 216 a.C. nella città di Tharros.

A pochi passi dal luogo del ritrovamento della Sfinge furono trovati nel 1974 le 35 Statue di Monti Prama, dimenticate per trent’anni in uno scantinato del Museo di Cagliari.

Conoscevamo la strana figura animale già dal 2009, segnalata da un amico del forum dei Popoli del Mare, Stefano.

La roccia però risultava in parte coperta dalla macchia mediterranea e non ci era parsa troppo interessante.

Una serie di articoli di stampa e alcuni comunicati nelle TV locali ci incuriosirono ancora ai primi di gennaio di quest’anno (2011).

Un medico di Oristano, appassionato di archeologia (Salvatore Z.) ci invitò a fare un sopraluogo per indicarci un ritrovamento che poteva testimoniare l’autenticità del manufatto.

Poco distante dalla figura animale si trovava un masso di circa 700 kilogrammi per metà sottoterra.

La parte affiorante è compatibile con il corpo, ma la faccia è sotto.

Non possiamo, senza le autorizzazioni della Sovrintendenza, toccarla per il momento, ma un altro particolare, anzi due, ci hanno convinto (in parte) dell’autenticità.

Il collo presenta dei fori regolari, sistemati a coppie, mentre la “testa” ha delle protuberanze che, anche se consumate dalle intemperie e dal tempo, sembrano compatibili con i fori.

La sistemazione movibile della testa non è il primo esempio in queste sculture, la Sfinge di Giza ha una testa probabilmente posticcia.

35 Bis Sfingi

Shardana I Popoli del Mare Sfingi

Sfinge S. Giovanni Suergiu. Sopra ha scavato un “pulpito” in cui stanno tranquillamente 3-4 persone.

Il viso somiglia molto più a quello di un egizio (Faraone?)

Pubblicata da un forumista sul Forum ”Sardana i Popoli del Mare” a fine anni 90 del secolo scorso.

N°36  Filistei in Sardinia

Filistei in Sardinia

La presenza di quest’URNA ove riposano le ceneri di un PHELESET, datata al X sec. a.C. smentisce, se ce ne fosse bisogno, la teoria ormai obsoleta  dei “Fenici” che avrebbero fondato nel 8° sec. a.C. le città SARDANA della costa sarda!

Insomma, il fratello Pheleset sarebbe arrivato in Sardinia due secoli prima della fondazione della città dove fu seppellito.

In questo caso NABUI, nella costa oristanese, non distante da Cabras. 

N°37 Città Nella Foresta

Shardana Popoli del Mare Città Nella Foresta
Shardana I Popoli del Mare Città Nella Foresta

“Jente Sardana amici di Leonardo”.

Il gruppo che accompagnò Leonardo Melis alla scoperta della “Città sulla Jara” a Bruncu Sruexu.

Uno degli strani reperti giacenti nella città lunga più di un kme in m,ezzo alla foresta; piena di statue, tombe saccheggiate e edifici di varie epoche.

N°39 Seconda Città sulla Jara

Seconda Città sulla Jara

L’altra città è Santa Vittoria, in sardo Santa Jttoria, che Leonardo Melis conosceva già all’età di 7-8 anni, essendo sita vicino a: “ su Masone de Cicciu Addari”, ossia l’ovile di Francesco Addari dove nella prima metà del secolo scorso  questo signore teneva le capre che pascolavano sull’altipiano dei cavallini selvaggi.

“Tziu Cicciu Addari” era in nonno materno di Leonardo Melis.

Qualcuno negli anni 80 del secolo scorso pensò bene di portare giù in un paese vicino le sculture in basalto nero.

Sculture che Leonardo ha ritrovato nel primo decennio di questo secolo.   

N°40 Le Navi di Tarsis

Navi di Tarsis

 “Il Re Salomone costruì pure una flotta in Asion Gaber, Che è vicino a Elat, in riva al Mar Rosso, in terra di Edom; e su quelle navi Hiram fece imbarcare i suoi marinai, esperti navigatori del mare.

Essi insieme ai ministri di Salomone andarono a Ofir …” (I Re IX: 26-28).

E ancora (in I Re X-22): “Il Re aveva n mare la Flotta di Tarsis insieme con le navi di Hiram; ogni tre anni la flotta di Tarsis portava oro, argento, avorio, scimmie e pavoni”.

 Del resto anche Ezechiele (Ezechiele: XXVII, 12-14) il profeta di Dio parla di Tarsis e fa riferimento allo stagno importato da questa località con le flotte di Tiro e aggiunge anche: I figli di Dedan trafficavano con te: il commercio delle numerose coste era nelle tue mani, ti davano in paga corni d’avorio ed ebano”.

  •          La Flotta non la costruì affatto Salomone, al contrario la fornì,  la Bibbia scrive, suo Suocero Hiram. Hiram, da non confondere con Hiram Abi l’architetto che costruì il tempio. Hiram era re di Tiro, una delle città sotto l’influenza dei Popoli del Mare come Byblos, Dor e altre città; come Akko (San Giovanni d’Acri dei templari), porto della Tribù di Dan. Quindi la Flotta gliela diede Hiram fornita di marinai e attrezzature per i lunghi viaggi, come quello di Ofir ad esempio. Salomone mandò i suoi “servi”, ossia i Ministri, noi pensiamo di controllo e a garanzia. Possiamo immaginare le risate “sardoniche” dei marinai e comandanti nel vedere i poveri ministri con il … mal di mare!
  • Asion Gaber la conquistò il padre di salomone, il Re David. Lui si, un Grande. Prima le navi di Tarsis salpavano da Akko, Tiro e le città della costa del Regno del Nord.
  • Le Navi di Tarsis, Dopo la fine dell’Invasione del 1200 a.C. e il conseguente insediamento dei Popoli del Mare in Palestina e Siria, ricominciarono a viaggiare verso le Rotte oltre le Colonne, come facevano quando erano in Mediterraneo Occidentale e prima ancora salpando dal Mar Rosso viaggiando dalle città sumere (prima del 2.200 a.C. e prima della “uscita da Ur”). Ora potevano riprendere i viaggi verso Ofir partendo appunto da Asion Gaber. Un tragitto molto più breve di quello attraverso le Colonne d’Eracle.
  • Ofir noi la individuammo già nel 2002 nel nostro primo libro “Shardana i Popoli del Mare”. Da Ofir arrivavano scimmie, pavoni, oro, argento, stagno e altri metalli preziosi. Negli anni -50 del secolo scorso questo posto assunse il nome di “Miniere di re Salomone”, nei numerosi Kolossal cinematografici. Stiamo parlando del Great Simbabwe. Mostriamo una mappa con le rotte dei Popoli del Mare, comprendendo anche queste verso Ofir/Simbabwe.

N°41 Il Bronzetto Scornato

Il Bronzetto Scornato

Sui Bronzetti abbiamo raccolto un’altra chicca che potrà portarvi anche dispiacere e delusione, oltre ch rabbia per l’ennesimo tarocco propinatoci dai nostri solerti Archeobuoni vecchi e moderni.

Il Bronzetto forse più famoso, forse grazie anche ai nostri libri, quello che usiamo chiamare Marduk o Sardana, e che loro chiamano “Demone quattr’occhi”, ha korna non sue e tantomeno ha quei pomelli che hanno fatto pensare a delle “antenne” ornamentali.

Ne abbiamo una foto inedita  o poco conosciuta pescata a una mostra a Venezia.

N°42 Lo Scarabeo sul Mare

Scarabeo sul Mare Shardana Popoli del Mare

Visto che siamo in tema di curiosità archeologiche, ne vorremmo riportare una ulteriore inviataci dall’amico Stefano di Cabras, che già ci segnalò la Sfinge del Sinis.

Si tratta di un gigantesco scarabeo inciso nelle rocce sul mare della Costa occidentale a Nord di Tharros. Teniamo a precisare che qualche dubbio  lo abbiamo relativo alla sua autenticità, o meglio antichità.

Non abbiamo però neanche elementi per sostenere il contrario.

Che sia cioè opera di buontemponi contemporanei.

Fi forniamo semplicemente le immagini.

A voi il giudizio.

43 Pleiadi alla Fonte

Pleiadi Shardana Popoli del Mare

            Una pietra segnalataci da una coppia di amici in agro di Laconi, ma nel territorio di Gadoni ci ha fatto pensare alla costellazione delle Pleiadi.

Perché le Pleiadi? Semplice, perché i Sardana avevano in gran conto queste “Sette Sorelle”, tanto da rappresentarle sulle loro navi in forma di Colombe.

Successivamente, quando l’epopea dei Sardana navigatori lasciò spazio ai pastori di Armenti, essi solevano dire “Kanno s’Urdone s’in betat a s’abba, tannu est hora de kalare a kampidanu”, che tradotto in Italico idioma significa: “Quando il Grappolo (le Pleiadi) scompaiono nel mare, è ora di scendere in pianura (Campidano)”.

Poiché questa roccia si trova, guarda caso, su una delle vie della Transumanza dalla Barbagia verso il campidano, esattamente in un posto di sosta presso una sorgente

Ecco!

N°44 Leonardo come Belzoni?

Leonardo come Belzoni

            Leonardo “come Belzoni”. 

Non accettato dall’ambiente delle Sovrintendenze e dai Baronati delle Università perché “Non ha la laurea in Archeologia”.

Come se avere tale titolo in Italia corrisponda a dei risultati concreti.

Come Giovanni Battista Belzoni a cavallo tra il 1700 e il 1800, Leonardo Melis ha scoperto in Sardinia più di quanto l’intera congrega degli Archeobuoni, e stavolta aggiungiamo: dell’Archeologia Sarda negli ultimi 50 anni.

Giovanni Battista Belzoni nato a Padova nel  1778 

È considerato una delle figure di primo piano dell’egittologia mondiale, nonostante appartenesse a una fase ancora immatura di tale disciplina.

N°45 Pajare in Mediterraneo

Pajare in Mediterraneo

Poiché un antico detto recita che “una ciliegia tira l’altra”, a

gennaio di quest’anno (2011 n.d.A.) ci arriva una segnalazione di

una strana costruzione più a Nord di quella di Pozzomaggiore già

pubblicata. Anche stavolta si tratta di una costruzione a gradoni,

ma di forma tondeggiante. A noi ricorda le Pajare pugliesi e alcune

costruzioni delle Baleari, sempre a gradoni. Appena il tempo

di esplorare la “Pajara”, che già un’altra segnalazione ci arriva

dalla zona della Prima Ziqurat, nel Nord Sardinia. Questa è più

alta e ricorda la “Torre di Babele “ dei film anni ’50.

L’annuncio in Conferenza di sabato 26/02/2011 della scoperta

destava l’interesse dei Media e la probabile reazione della

“Scienza Ufficiale” che dichiarava trattarsi di sicuro di qualche

ricovero di pastori (a tre o quattro piani!) o al massimo di “Neviere”!

Si, di Neviere. Questo quanto dichiarato da un addetto ai

lavori alla domanda da parte di Daniele (uno degli scopritori).

Le Neviere, anzi le “Domus de su Nie” (case della neve) erano

costruzioni che si potevano vedere nel Gennargentu fino ai primi

del secolo scorso. Si tratta di pozzetti con copertura in pietra ove

i Baroni della zona conservavano la neve per la produzione dei

sorbetti in estate. Vi è il sospetto che l’esperto interpellato abbia

preso un granchio, visto che la “Neviera” si trova alla periferia di

una città a livello del mare!

A Cagliari, nella conferenza

N°46 Guanches, Berberi, Libu

Guanches, Berberi, Libu

JUBA II Redi  Numidia (50 – 23 a.C.): Racconta Plinio il Vecchio su Storia Naturale che fu il re numida a dare per primo un nome a una delle Isole (Tenerife), chiamandola in Greco “Ombrios” e in latino “Capraia”.

Alle altre il nome di Ciunione Maggiore e Minore, Ningurta (Nevada) e Canaria; quest’ultimo nome per la probabile quantità di enormi Mastini o Dogos del tipo presenti anche in Corsica, Sardinia e di probabile  origini dal Caucaso.

La spedizione di Juba aveva scopi di ricerca in campo botanico, geografico ed antropologo. La relazione di Juba riportata da Plinio il vecchio è la più scientifica relativa alle isole.

Bisognerà aspettare fino al XIII sec. d.C. per avere altre notizie, stavolta grazie a uno scrittore italiano 

Ma di questo parleremo poi.

Juba al parere di Plinio cercava tinture! Si proprio come i Shardana nel XVI sec. a.C. secondo uno scritto ugaritico.

Si, insomma, cercava la Drakena.

La pianta  che fornisce un colorante che sostituiva a un prezzo molto inferiore la stessa PORPORA, notoriamente una invenzione dei Popoli del Mare, presente anche nella Bibbia al tempo di

Mose;  ma attribuita dai Greci e dai nostri Archeobuoni ai soliti Fenici! Una curiosità su Juba II.

Egli era sposato con Cleopatra Selene, figlia di Cleopatra VII e di Marcantonio il “braccio destro” di Cesare.

Leonardo Melis Guanches, Berberi, Libu

La pianta della Drakena, da cui i Guanches e i Popoli del Mare tutti, traevano una tintura rosso/porpora

N°47 Thor Heyerdahl e i fassones

Thor Heyerdahl e i fassones

< Altri viaggiatori anche moderni relativamente si innamorarono di queste isole, cercando l’origine delle genti che le abitavano; ne volgiamo citare uno che conoscemmo nella nostra infanzia e che ci affascinò notevolmente per le sue avventure, che noi paragonavamo a quelle di Simbad il marinaio o a quelle di Ulisse.

Siamo andati a visitare il museo intitolato a lui, nella cittadina di Guimar, in mezzo alle piramidi a gradoni che  egli stesso riscoprì e valorizzò.

Thor Heyerdahl, il grande esploratore norvegese che nel secolo scorso compì la prima traversata in solitario dell’oceano, durante uno dei suoi viaggi fece tappa nelle isole Canarie e a Tenerife, nella cittadina di Guimar, ebbe la ventura di scoprire delle Piramidi a gradoni, considerate però fin dal tempo degli Spagnoli dei semplici terrazzamenti di vignaioli o contadini Guanches.

Egli però non si scoraggiò; pensò così di comprare tutto il terreno intorno, rimettendo in sesto le costruzioni;  costruì anche un museo che raccontava le sue imprese.

Sir Thor Heyerdahl, nacque nel 1914 in Norvegia, divenne famoso per la sua impresa con l’imbarcazione (una zattera) chiamata Kon Tiki, con la quale fece la traversata dal Perù all’Indonesia per smentire la teoria, ancora oggi in uso, dell’origine di questi popoli dall’Asia.

Ne sappiamo qualcosa della resistenza da parte degli Archeobuoni, attivi anche allora.

A noi però piace ricordarlo per l’altra sua impresa; quella con cui dimostrò come i popoli antichi, in particolare gli Egiziani, potevano navigare anche negli oceani, oltre le Colonne d’Eracle; anche con barche in giunco, come quelle egizie; e, aggiungiamo noi, anche come quelle dei Popoli del Mare, Shardana in particolare.

Non vi preoccupate, non stiamo provocando le ire dei nostri eterni contestatori, abbiamo le prove come Sir Thor Heyerdahl si recò anche a S. Justa (Sardinia) per studiare i cosiddetti Fassonis.

La traversata avvenne nel 1970 dal Marocco alle Antille a bordo della Ra II.

Una curiosità.

Dell’equipaggio della Ra I e II fece parte l’esploratore e alpinista italiano Carlo Mauri.

Piramidi a gradoni, quindi. Come quelle che noi abbiamo scoperto in Sardinia anni fa.

A ulteriore prova che questi popoli erano sicuramente apparentati con gli altri Popoli del Mare.

Popoli del Mare che siamo andatia scoprire anche nei Balcani.>

Da: “SARDANA Antichi Re del Mare”

N°48 Sardana/Dodona

Sardana Dodona

Tutti questi studi sono coerenti con lo studio pubblicato nel 1936 di Pericle Ikonomi egli poneva Dodona  al monte Tomor vicino Berat dove descrive che  secondo Plutarco le tribù che vivevano intorno a Dodona erano: Selli (Sulová) Eniani (città Eni in Tomor) Perrevei e Athamani, che erano stati espulsi dalla tribu avversaria dei Lapathi (antenati dei Labbi di oggi). Questi luoghi nella toponomastica moderna sono conosciuti come: il Cuka Peljes, Saturno,le Colline di Dodoni, il fiume Dodona ecc. Recentemente,  a tutti questi fatti viene aggiunta una nuova prova archeologica scoperta da un residente della zona che trovo casualmente un manufatto nel villaggio di Bogove (conosciuto come  “Roccia di Dobrusa o Selani”) tra villaggi Dobrushe e Selan a sud del monte Tomor, un’area che comprende Skrapar, Berat. Il manufatto e composto da ottone (Bronzo? N.d.A.), è lungo 13 centimetri, si pensa sia il  busto di una donna che detiene sulla testa una corona di quercia intrecciata, mentre sul corpo si possono vedere  due dischi a forma di sole. (Noi invece sappiamo trattarsi di Marduk, copia del bronzetto shardana trovato ad Abini inSardinia N.d.A.)

Sardana Dodona

Alcuni autori come Livio e Polibio ci danno alcuni dati interessanti nella valle del fiume Dasaretve Apsu (oggi Osumi) ci furono un certo numero di città come: Ilion, Antipatrea, Chrysondio, Phoebatis, Gerronium, Codrium, Bargullum, Creonium o Banta (Vedere ““A geographical and historical description of ancient ,V.1, autori  John Anthony fq. 75).

 J.A. ricorda che la città Ilio (cioè Città del Sole;,ill in dialetto albanese del sud vuol dire stella) oggi prende il nome moderno Selio conosciuta con il nome di Selan, il villaggio vicino e che il luogo dove è stato scoperto un manufatto di donna con due dischi in mano, sotto forma di sole e la corona di quercia in testa. La somiglianza del nome e dell’immagine del sole ci fanno pensare che forse qui c’e  stata realmente la città Ilion descritta da Polibio e Livio.

Secondo la descrizione del manufatto per Selani  il ricercatore Giorgio Zogaj  che ha visto in prima persona tra le altre cose, dice: “Si compone di bronzo  più vecchio di 3000 anni, e stato fatto in bronzo nella fonderia del paese in cui è stato trovato il sigillo , si può supporre in maniera definitiva, che questa statua sia di Dodona, perché la testa è decorate con la corona di foglie di quercia “.

 Questo manufatto ha due “antenne”  sopra la sua testa, in entrambi i lati delle mani ci sono due dischi in cui è  visibile simbolo pelasgo del “Sole”. Alla fine della coda ha un segno misterioso a forma di “X”. Il viso della donna ha caratteristiche normali,  con le labbra un pò gonfie.

 Curiosamente, questo manufatto ha grandi somiglianze con il guerriero Shardana citato dallo studioso italiano Leonardo Melis nel suo libro “Shardana i Popoli del Mare”.

Da: “Sardana Antichi Re del Mare”

N°49 Eracliadi, poi Olimpiadi

Eracliadi, poi Olimpiadi

< Per rafforzare la datazione al IX – VIII sec. a.C. aggiungiamo anche che non furono dedicate solo in Sardinia ma troviamo statue simili anche in Puglia e oltre.

Parliamo delle Statue Daune o del Guerriero di Capestrano, tutte in territorio Dauno (Puglia, Abruzzo); ove ipotizziamo e non solo noi, risiedessero altri Popoli del Mare; forse i Dardani o forse i Shakalasa.

Una notevole somiglianza comunque si nota confrontando soprattutto il Guerriero di Capestrano e le Statue Shardana.

  Abbiamo anche delle testimonianze udite, udite, da parte dei Greci riguardo le raffigurazioni di queste statue e dei bronzetti shardana che in molti casi ne raffigurano l’aspetto; spieghiamo dopo il perché.

Possiamo solo dire che la datazione al IX-VIII sec. potrebbe essere provata dal fatto che queste statue rappresentano molto probabilmente dei Gladiatori Etruschi, avendone trovato delle raffigurazioni di armature corrispondenti, come l’elmo ad esempio; che spiega anche gli strani occhi perfettamente circolari delle statue, si insomma le Statue hanno una maschera, almeno alcune di loro.

Insomma, il sito di Mont’e Prama era un Gimnasium, una Palestra di giochi gladiatori sacri, come si usava presso i Tursha e presso i Shardana.

Un Gimnasium in cui si svolgevano le Eracliadi, il nome che avevano i giochi prima che i Greci li portassero a Olimpia e cambiassero così il nome in quello che ancora oggi si usa.

Del resto i bronzetti shardana raffigurano tutti i giochi delle Olimpiadi o meglio Eracliadi; dallo Spadiere all’Arciere, il Pugilatore, i Lottatori … persino altri tipi di Atleti con altre armi sconosciute ai Greci nelle posteriori Olimpiadi.

Parliamo ad esempio della lotta con i bastoni da combattimento, con anima di ferro, i lanciatori di Boomerang e altre strane armi.>

Da: “I Popoli del Mare, dal mediterraneo all’Oriente”

N°50 Il tragitto dell’Esodo

Il tragitto dell’Esodo

Mose e la sua gente uscì dunque dall’Egitto, ma non percorrendo la strada concordata con il faraone che li avrebbe condotti dritti in bocca ai Philistei, che a parer nostro erano già in parte giunti in Palestina dall’Isola di Creta. Pensando che, Assistendo il popolo a combattimenti che si producessero, avrebbe potuto far ritorno in Egitto… (Esodo XIII-17) Mose fece una conversione a Sud, verso Yam Suph. Questa parola sappiamo che fu tradotta erroneamente in “Mar Rosso” portando a credere ai due Muri d’Acqua di Hollywoodiana memoria, mentre si trattava invece di semplici paludi! Yam suph = Mare di giunchi, vale a dire stagno/palude. Abbiamo dunque una incongruenza: l’attraversamento avvenne in uno stagno e non in mezzo al mare. Inoltre abbiamo una, anzi due rivelazioni:

  • “Con loro uscì dall’Egitto anche altra gente”.
  • Qualcun altro combatteva per il popolo: “Assistendo il popolo a combattimenti…”. Alcuni di voi lettori sa già di chi parliamo. Altri lo hanno intuito dalla descrizione sopra della Strage dei Primogeniti.

Rimarchiamo la spiegazione dell’attraversamento di Yam Suph con altre acquisizioni che confermano la nostra tesi sull’attraversamento delle paludi e non assolutamente del Mar Rosso.

  • Yam Suph, abbiamo detto significare Stagno/Palude. Fu un errore di traduzione dei “Settanta” quando trascrissero dall’Aramaico in Greco il testo biblico.
  • Il fenomeno del ritiro delle acque era dovuto a una situazione che si creava nello spazio di tempo tra le 2 e le 8 del mattino. Con la luna piena e il vento che soffiava da Est (ma noi sosteniamo da Ovest), le acque si ritiravano consentendo il passaggio a piedi dello stagno, ma non dei carri di bronzo del faraone.
  • Il Principe/Generale Mose conosceva questo fenomeno, in quanto aveva comandato la guarnigione di stanza in Jessen, nel Delta Orientale, non lontano da Yam Suph stesso.
  • La conferma che il fenomeno accadeva con la Luna Piena e in quell’ora della notte è scritta e documentata nella Bibbia in modo particolareggiato. Mose ordina al popolo di cenare sì (forse) con l’Agnello Pasquale, ma con i “bagagli pronti” e con la cintura ai fianchi. Questo perché appena cenato, sarebbero dovuti partire per non perdere lo spazio di tempo a disposizione per l’attraversamento. E, aggiungiamo, “perché il popolo faceva pressione perché fossero mandati via al più presto”.

N°51  Il Nuraghe Asulu

Nuraghe Asulu
Il Nuraghe Asulu

N°52 Il Moro bendato e la Bandiera di Jerusalem

Il Moro bendato e la Bandiera di Jerusalem

 Goffredo de Bouillon con a fianco lo stemma con il MORO BENDATO dei primi signori di Laconi, i Piccolomini che assunsero il nome di Dessena dopo la loro fuga da Siena. Una scritrice spagnola Marisa Asuara  asserisce che da questi Piccolomini nacque un certo Cristoforo Colombo!

Da tutto questo nacque lo stemma e la bandiera dei 4 mori, ossia la bandiera Sarda che oggi sventola in tutto il mondo.

N°53 BANDIERA SARDA

BANDIERA SARDA

Il caso della Bandiera Sarda non si può classificare come scoperta, ma è più di una scoperta.

Sio tratta infatti di una battaglia condotta da alcuni amici e compagni di partito degli anni in cui la Politica aveva ancora la “P” maiuscola. Vogliamo raccontare i fatti che ci vedono fra i protagonisti della battaglia; perché di battaglia si trattò. Negli anni 1980-90.

Noi eravamo allora “Consigliere Nazionale” del Partidu Sardu (Psdaz) e spesso alle riunioni di questo consiglio prendevamo la parola per fare quanto Catone il Censore faceva dopo la seconda guerra punica.

Mentre l’illustre senatore romano chiudeva sempre i suoi discorsi con la frase “Ceterum censeo Carthaginem delendam esse”(E comunque ritengo che Cartagine debba essere distrutta…), noi chiudevamo il nostro discorso nella stessa maniera, dicendo: “E comunque sosteniamo che la legge sula bandiera va fatta”.

Una battaglia durata più di dieci anni con le reazioni non sempre positive degli ascoltatori.

Finché un giorno, in una riunione di segreteria provinciale, il Consigliere Regionale Salvatore Bonesu oggi purtroppo scomparso, ci avvicinò e ci chiese “ Leonardo Melis, a che punto sono gli studi sulla bandiera?”. Con meraviglia chiedemmo il perché di questo interesse.

Ci rispose che se potevamo fornire una bozza degli studi, si poteva provare a proporre  un Proposta di Legge.

La bozza l’avevamo sempre in tasca. Così il Bonesu propose la Legge in Aula, in Regione, ottenendo un consenso di maggioranza con una percentuale enorme.

Nel frattempo, Carlo Mura sindaco di Samugheo tempestava la diga dell’Omodeo sul fiume Tirso con i drappi della nuova bandiera in occasione della visita del Presidente Scalfaro nel gennaio del 1977.  

Chicco Frongia, Consigliere della provincia di Cagliari esponeva per primo il Drappo nel balcone di un edificio pubblico.

Antonio Delitala Segretario del Partito Sardo, organizzò una festa memorabile a Villa D’Orri, la magnifica residenza dei Marchesi Manca di Villaermosa che  ospitò ai primi del 1800 il Re Carlo Felice e la sua corte in esilio.

Leonardo Melis era chiaramente il ricercatore storico e uno dei promotori più attivi con le sue conferenze e gli interventi in Consiglio Nazionale.

Fu così che nell’Aprile del 1999, precisamente il 15 del mese, fu pubblicata la Legge Regionale n. 10 che ufficializza la Bandiera Sarda con i  4 mori che hanno tolto la Benda dagli Occhi, impostagli dai Savoia, forse per disprezzo. Per disprezzo certo, e possiamo provarlo con i nostri studi e persino con le immagini storiche.

La BANDIERA SARDA

N°54 La Stele di Nora, identità dei Shardana

Stele di Nora Shardana

550-40 a.C. : circa in questo periodo un’ambasciata di sardi si recò al Santuario di Delfi e portò una statua del Babai Sardan per  ringraziare gli Dei e in particolare Apollo per la vittoria sul generale Malko.

Proprio questo fatto portò due studiosi, uno sardo e l’altro piemontese, a tradurre la terza riga della Stele di Nora, la quale reca la parola B.SRDN, la stessa che i Sardi incisero sulla statua portata a Delfi.

Riportiamo di seguito il documento del Canonico Spanu, il quale si rifaceva a un ritrovamento e a un’intuizione sulla scritta riportata alla base della statua stessa.

Il grafico della statue del Sardus Pater o Padre Sardon è da attribuire al Cav, Generale Alberto della Marmora.

Shardana Stele di Nora

“In Tarsich vela dedit Pater Sardon pius: ecce finem attingens elevavit scriptum in Nora, quam novit adversam Lixo” (Il Padre Sardone diresse la vela verso Tarsis: dedicato a questo fine elevò uno scritto in Nora, città opposta a Lixos).

 Shardana Stele di Nora I Popoli del Mare

Stele di Nora

  • Prima riga: TRSS (SSRT) =  Tsur, Tharros, Tursa, Tartesso, Tarros, Tiro, Tirso
  • Terza riga: B.SRDN.S (S.NDRS.B =  Ab Sardon, Aba, Sardana, Babai Sardana…

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