Gli Shardana in Egitto
Strano rapporto quello che i Shardana ebbero con l’Egitto. Ora alleati, ora acerrimi nemici e invasori. Come se uno strano richiamo li portasse alla foce del Grande Fiume, essi tentarono a più riprese e non sempre con successo, di impadronirsi dei fertili territori dove regnavano da millenni i faraoni.
Anno 1700 a.C. Se è vero, come sembra, che gli Hyksos appartenevano anch’essi ai Popoli del Mare, nell’invasione che sottomise l’Egitto per oltre un secolo, doveva esserci per forza anche lo zampino dei Shardana, che in questa misteriosa coalizione di popoli avevano un ruolo primario e che, in ogni caso, fungevano sempre da flotta d’appoggio nelle imprese che li portavano fuori dalle loro isole “site nel cerchio del Grande Mare, ad Occidente”.
Comunque pare accertato che l’orda degli invasori comunemente conosciuta col nome di Hyksos (Hega Khasut = capi di tribù straniere) fosse composta da popoli indoeuropei misti a gruppi semitici. La tesi comunque più diffusa sulla provenienza dei Shardana è quella della migrazione alla fine del III millennio dall’Anatolia verso il Mediterraneo Occidentale, verso le isole poste nel gran cerchio da dove muovevano con le loro veloci navi, a volte soli, altre volte con i loro alleati Shakalasa, Tursha, Phelets
Il dominio sull’Egitto durò poco più di un secolo, ma dovette servire ad inculcare nei loro cuori un desiderio immenso di ritornarvi a tutti i costi. E fu questo che essi fecero a più riprese. Nel 1600 Kamose (XVIII dinastia) li respinge verso nord, suo fratello Amose nel 1580 si impadronisce della loro capitale Avari e li caccia dal Paese.
Ma già Amenophe I (1557-1530) deve respingere un primo loro tentativo di ritorno risolvendo la cosa nel modo in cui la risolveranno i suoi successori. Impossibilitato a vincere i più fantastici guerrieri del passato, ne fa degli alleati preziosi, inglobandoli nel suo esercito. Ancora, durante il regno di Tutmose III (1483 a.C.) e poi di Amenophe III (1408 a.C.), tenteranno l’invasione del Delta da soli (o anche alleati degli Ittiti)
Sembra che, pur di menare le mani, i Shardana non badassero molto alle scelte degli alleati. Comunque la soluzione di Amenophe I provocò qualcosa di inaspettato per l’intera storia del Mondo e delle sue religioni. Molto probabilmente invitati da quei mercenari di stanza presso i faraoni, i Shardana mandano un’ambasceria in Egitto durante il regno di Amenophe IV e di Nefertiti, la sua bellissima moglie (Edo Nyland: Odisseus in The Hebrides e Nancy K. Sandar: The Sea Peoples).
La Storia racconta che gli ambasciatori Shardana furono accolti da Amenophe con grande cortesia e curiosità. Amenophe era una figura anomala di faraone egizio: sua madre, la regina Tiy, era una principessa “fenicia”.
Attraverso sua nonna aveva ereditato sangue semitico e indoeuropeo, inoltre a differenza di suo padre aveva un carattere tutt’altro che incline alla guerra e alla politica, al contrario era un animo contemplativo e votato al misticismo più forte.
Il suo interesse per gli ambasciatori shardana accrebbe enormemente quando questi gli parlarono della loro religione votata a un Unico Grande Dio (anzi alla Grande Dea Madre).
Amenophe si convertì con entusiasmo cercando di introdurre in Egitto il nuovo Culto ed eliminando i vecchi Dei con tutto il loro clero. Per far ciò trasferì la capitale da Tebe, dove era radicato il culto di Ammon-Ra, fondando la nuova capitale Akhet-Aton (El – Amarna).
Ma il popolo non lo capì e non lo seguì del tutto. L’errore di Akhenaton fu proprio il trasferimento della capitale da Tebe, dove invece restò il clero di Ammon-Ra. Defraudati del loro prestigio e risentiti, i sacerdoti fecero alleanza con i generali dell’esercito, anch’essi in agitazione perché inattivi da troppo tempo.
Sappiamo che ogni faraone, per consuetudine, organizzava una campagna militare almeno ogni quindici anni, con lo scopo di riaffermare l’autorità presso i paesi tributari. Sappiamo anche che Amenofi III, dopo anni di guerre e di conquiste, si dedicò esclusivamente alla politica e agli affari interni dello Stato per almeno 12-13 anni e negli ultimi anni di vita associò al trono il figlio minore Amenofi IV (Akhenaton), che non si curò affatto, come sappiamo, né di campagne militari, né di amministrazione.
Tutto ciò creò scontento e nervosismo nei ranghi dell’esercito, che oltre a non sopportare l’inattività forzata, perdevano anche i tanti privilegi che di solito acquistavano in periodo di guerra. Tutto questo portò a un complotto di corte (1350-49 circa).
Akhenaton e la sua famiglia scomparvero letteralmente (forse assassinati), La capitale Akhetaton distrutta e i suoi abitanti uccisi e perseguitati. Venne ripristinato il culto dei vecchi Dei, ma il seme del monoteismo era gettato.
Neanche cento anni dopo i discendenti dei fedeli di Athon mischiati agli Habiru, gruppo nomade arrivato al seguito degli invasori Hiksos, guidati dal principe Mosè, lasceranno l’Egitto per fondare un nuovo Stato basato sul Culto dell’Unico Grande Dio.
Nel periodo corrispondente al racconto biblico dell’Esodo, il grande Ramses II, dopo essersi più volte lamentato che “ I Shardana sono venuti con le loro navi da guerra dal mezzo del Gran Mare, nessuno può resistergli”, li volle come preziosi alleati contro gli Ittiti a Qadesh (ma egli stesso raccontava che tra i prigionieri caduti in mano degli Egizi si trovavano anche gli Shardana del mare, dal cuore ribelle, senza padroni, che nessuno aveva potuto contrastare). Questa battaglia è passata alla storia per essere la prima con un resoconto preciso e una descrizione dettagliata, inoltre tale avvenimento fu seguito dal primo trattato internazionale di cui si conoscano le clausole.
Resoconto della battaglia dal “Poema di Pentaur”, dal nome dello scriba che trascrisse su papiro i testi delle iscrizioni del tempio di Ramses II ad Abidos, del tempio di Karnak, del tempio di Luxor e le iscrizioni in grafia ieratica del papiro Sallier III: – Ingannata da false spie catturate presso il fiume Oronte e interrogate circa la consistenza dell’esercito di Hattusa, la divisione Ra, comandata da Ramses in persona, con la divisione Ammone, attraversano il fiume, (con loro un contingente della guardia scelta di Shardana N.d.A.). Le altre due divisioni, Set con la nuova creata dallo stesso Ramses, Ptah, restano indietro. Ramses lancia l’attacco in testa all’esercito come sempre, a bordo del suo carro da guerra, ma deve fermarsi impietrito: dal fitto bosco escono sulla radura migliaia di carri ittiti affiancati dai Siriani e da numerosi altri alleati. Muwattali re di Hatti era riuscito a formare la più grande coalizione mai vista fino ad allora per distruggere l’Egitto una volta per tutte. La Storia parla di 15 tra province e regni alleati, di oltre 37.000 uomini armati, di 3000 carri da guerra, quei carri di cui anche nella Bibbia si parla con terrore. Il faraone disponeva di quattro divisioni composte da 5.000 uomini ciascuna, di cui i due terzi erano mercenari: 1.600 Qeheqs (beduini del deserto occidentale), 880 arcieri Nubiani, 100 Meswesh (Libici) e 520 Shardana, questi ultimi avevano anche il compito di guardia personale di Ramses. I carri di cui disponevano gli Egiziani erano in numero di 200, quindi infinitamente inferiori alle forze ittite. Il giovane faraone angosciato alza i suoi lamenti: “vedete come hanno agito i capi? Essi hanno detto al faraone, tramite le spie catturate, che il vinto Hatti era nel Paese di Aleppo, essendo fuggito davanti alla mia maestà mentre si nasconde dietro Qadesh l’agguato”. Gli Ittiti devastano il campo di Ramses, ma ciò fa rallentare la loro azione. Ramses, radunata la sua guardia scelta, si lancia in un disperato attacco e il suo carro fa strage dei nemici.
L’arrivo delle truppe ausiliarie di Amurru e della divisione Ptah respingono definitivamente il nemico, mettendo in salvo Ramses, il quale poi si vanterà di aver vinto una battaglia che al massimo aveva pareggiato! Al di là di tutto questo, a Ramses rimane il merito di aver capito che i Shardana era meglio averli alleati che nemici.
Li stimava tanto che ne fece addirittura la sua guardia personale! Alcuni scrittori francesi, come il Visconte de Rouge e lo Chabas si occuparono nel secolo scorso (N.d.A. XIX secolo) del mistero che circondava questi guerrieri, già antichi per gli Antichi.
Dobbiamo comunque riconoscere che anche qualche autore moderno, soprattutto di lingua inglese e francese comincia a riscoprire questo Popolo ignorato sorprendentemente dai nostri testi scolastici.
Persino l’autore del momento sull’egittologia (romanzata), Christian Jaques, mette al fianco di Ramses un terribile gigantesco guerriero che risponde al nome (speriamo solo nella versione italiana) di Serramanna. Pur sorvolando sul fatto che un nome simile non poteva ancora esistere a quei tempi, poiché si tratta di un nome di località sarda chiaramente neolatino, rimane comunque chiaro che l’autore vuole segnalare la presenza importante dei Shardana a fianco del grande faraone.
Alcuni studiosi, sempre riferendosi alle relazioni intercorse fra Shardana e gli Egizi, stanno proponendo l’ipotesi neanche tanto azzardata che la tribù di Dan (la tribù perduta) fosse in realtà un contingente di mercenari Shardana di stanza in Egitto e fedeli al principe Mosè. E Tale ipotesi è supportata da alcuni interessanti argomenti:
1) Il nome Sher in Ebraico (non solo, si pensi a: Kai-ser, Cae-sar, Ser, Sire…) significherebbe Principi, mentre Dan avrebbe il significato di Giudice, Capo. Quindi: Sher-Dan= Principi di Dan.
2) Gli Ebrei (o comunque le tribù semitiche che seguirono Mosè) del tempo dell’Esodo erano considerati praticamente dei reietti (Habiru=Ebreo=fuoriuscito, sbandato) e comunque esercitavano quasi esclusivamente il mestiere di operai edili e artigiani; Ramses li utilizzava nella costruzione di Phiri-Ramses, la nuova capitale. Non erano comunque pratici dell’arte della guerra, assurdo pensare quindi che si potessero avventurare senza scorta nel deserto per raggiungere una Terra abitata da Popolazioni sconosciute e sicuramente poco inclini ad ospitare stranieri venuti col chiaro intento di impadronirsi dei loro territori. Senza dimenticare che il faraone li fece inseguire dai suoi soldati appena usciti dall’Egitto.
3) Mosè era conscio del fatto che, nell’impresa a cui si accingeva, non poteva fare a meno di un contingente di professionisti esperti nell’arte della guerra, che avrebbero difeso e scortato il popolo fino alla meta. Essendo egli un principe e probabilmente anche un capo dell’esercito, non poteva non avere delle amicizie importanti nel contingente dei mercenari Shardana dislocati a difesa del territorio. Proporre loro un viaggio che li portasse nei pressi dei porti del Libano, da dove avrebbero poi potuto veleggiare nuovamente verso la loro Patria nel mare occidentale era cosa facile. I Shardana erano di natura mercenari, che accettavano qualsiasi impresa pur di girare il mondo e menare le mani e possibilmente guadagnarci qualcosa. Mosè li avrebbe inglobati in una delle tribù. Questo potrebbe spiegare il mistero della scomparsa della tribù di Dan. La Bibbia cita testualmente: “E i figli di Dan, i leoni, gli amanti della guerra…” e ancora: “e i figli di Dan abitarono sulle navi”(Libro dei Giudici, cap. V, 47.). Essi nel lungo errare del Popolo nel deserto avevano il compito di restare indietro a raccogliere. A raccogliere probabilmente i numerosi dissidenti che, come Datan, Core e altri, non perdevano occasione per cercare di rientrare in Egitto, o comunque di abbandonare Mosè, di cui non riconoscevano l’autorità. Avevano, come si vede, anche il compito di polizia, oltre che di difesa. E stando a quanto raccontano i Sacri Testi, svolgevano questo compito molto seriamente (vedere le varie esecuzioni ordinate da Mosè).
4) I Re Pastori a cui Mosè si ispirò, cambiando il culto del vitello (Api) con quello dell’agnello (capro espiatorio, agnello del sacrificio), erano storicamente gli Hiksos (arrivati in Egitto nel periodo biblico di Abramo – Giaccobbe), quindi i Popoli del Mare, fra cui i Shardana.
5) Il rientro dei Shardana nella loro Patria d’origine, la Sardegna, ha significato per l’Isola l’introduzione di alcuni usi appresi da Mosè:
· Il sacrificio dell’agnello pasquale ancora in uso in Sardegna. Come anche
· La cenapura (il venerdì santo, pronuncia cenàbura), giorno anticamente dedicato a rigoroso digiuno e astinenza in attesa del Sabato; in tale giorno si mangiavano le erbe amare della campagna. La tradizione è oggi riferita alle celebrazioni della Passione di Cristo, ma il nome cenapura è rimasto.
· I Giudici (Dan significa appunto giudice, capo, colui che ha il potere). Questo era il titoloche spettava agli antichi re sardi (vedi Ampsicora, Mariano, Ugone, Leonardo Alagon), non escluse le donne (ricordiamo la Judichessa Eleonora d’Arborea). Non risulta tale titolo presso altre popolazioni, oltre chiaramente a Israele. Per curiosità ricordiamo che uno dei più famosi Giudici di Israele era Sansone, figlio di Manoac, che abitava a Macane-Dan e di probabili origini Danite!
· Il Sabato come ultimo giorno della settimana; curiosamente in Sardegna si usa ancora dire: “est in mesu cument a su merculis”, cioè “ sta in mezzo come il mercoledì”. Cosa che stava chiaramente a significare che il primo giorno della settimana era la Domenica, che era anche il giorno dedicato alla nascita del sole, mentre l’ultimo, di riposo, era il sabato.
· La toponomastica e l’onomastica: basterebbe un esempio su tutti, il cognome Azara, o Asara. Alcuni studiosi stanno sostenendo l’ipotesi che, sia Mosè, sia Abramo, fossero faraoni egizi. Abramo sarebbe stato il faraone Mama-yebram, corrispondente allo storico Nehosi (Aasahra), il cui genitore era il biblico Nachor (Azarah). Azarah e Aasahra dunque. Ma che dire di Mara (acque putride), Arba (palude), Bara (santuario), Sinai e Sinnai, Saba, Arca, Bitya, Balat, Sarbana, Taras, Ardasaraii, Cappai, Distrai (nel Sulcis), Allai, Birisai, Ussassai, Marganai, Anghiddai (grotta), Maragaddai (mostro) Saddai… non ricordano questi ultimi, forse, Ammisaddai? Chi era Ammisaddai? Il padre d’Achiezer, capo della tribù di Dan che accompagnò Mosè nell’Esodo!
Ritroveremo ancora i Shardana in Egitto al fianco dei Libu in una terribile invasione che Meneptah riesce a malapena a contenere (1231-1220 a.C.). La coalizione, una delle tante conosciuta col nome di Popoli del Mare, stavolta è guidata dai re Libu (Libici), con loro troviamo i Sakalasa, i Akaiasha, i Thursha, Washasa, mentre i Shardana con la loro flotta hanno anche compiti di vettovagliamento.
E’ probabile fosse questa una prova generale per l’ultima terribile invasione che si scatenò nel 1200.
Stavolta coi Shardana ci sono nuovi alleati provenienti da nord, forse discendenti dalla “tribù perduta”, che dopo l’esodo “abitò sulle navi” e prese il largo dai porti del Libano, sbarcando in Sardegna e ripartendo poi verso l’Europa del Nord per creare altre colonie: i Danan (Denen, Danuna, Danai). Con loro: Saksar, Liku, Tjeker e Phelets. Oltre ai soliti Tursha, Libu, Sakalasa ecc.
Come una immane fiumana si riversarono sulle terre d’oriente, i grandi Imperi che avevano fino allora dominato lo scenario del mondo conosciuto furono travolti e cancellati per sempre dalla Storia. L’orgogliosa Micene cadde come anni prima la sua rivale Troia, gli Ittiti sconfitti e travolti coi loro carri da guerra non lasciarono tracce del loro formidabile impero, distrutte e incendiate Ugarit, Biblos, Tirinto.
Il re di Cipro fa appello all’ultimo re di Ugarit, Ammurapi, perché gli invii rinforzi per difendere l’Isola. Ammurapi gli risponde che anche lui ha i suoi problemi: “Le navi dei nemici sono venute, essi hanno bruciato la mia città, hanno fatto cose diaboliche nel mio Paese. Il mio padre non sa che tutte le mie truppe e i mie carri da guerra, sono nel paese di Hatti e tutte le mie navi nella terra di Lycia? Quindi il Paese è abbandonato a sé. Maggio(?) il mio Padre lo conosce: le sette(?) navi del nemico che è venuto qui hanno inflitto molti danni su noi”. Il terrore e lo sgomento si sovrapponevano alla confusione, nessuno era in grado di soccorrere altri, essendo ognuno in piena emergenza e pericolo. La Geografia fu cambiata e le Civiltà cancellate. L’Egitto stesso fu assalito e Ramses III riuscì a malapena a fermare le navi shardana sul Delta, vantandosene e facendo celebrare la sua vittoria sui muri del tempio di Medinet-Habu: “Io uccisi i Danan delle isole, mentre ridussi in cenere i Tjeker, i Phelets, i Shardin ed i Washesh del mare furono annullati, presi prigionieri tutti insieme e portati in prigione in Egitto come le sabbie della spiaggia”. Non si capisce però come mai, avendoli resi prigioni e quindi schiavi, li avrebbe poi “posti in fortilizi col mio nome, le classi militari quanto centinaia di migliaia, in ogni anno assegnai loro porzioni con vestiti e provviste dai tesori e dai granai”. Li ebbe quindi come mercenari pagati, non come prigionieri! Infatti, poi aggiunge: “Io ho piantato alberi in tutto il Paese permettendo che il popolo si sedesse sotto la loro ombra, io ho fatto sì che le donne egiziane potessero viaggiare senza pericoli, perché nessun forestiero le molestava per strada, ho consentito all’esercito da guerra e ai carri di stare fermi e ai mercenari shardin e kehek di stare sdraiati sulla schiena nelle loro città”
(La relazione di quest’impresaè scritta nel famoso Papiro di Harris).
Quindi non solo li ha assoldati ma ha anche loro consentito di avere delle proprie città. La verità è quindi che lo scontro sul Delta avvenne, almeno parzialmente, ma è probabile che si venisse ad un accordo fra le parti.
Non dimentichiamo che nei ranghi dell’esercito egiziano c’erano sicuramente anche contingenti Shardana, i quali, avendo appreso dai loro antichi conterranei della sorte toccata agli Ittiti, ai Cretesi e ai Micenei, potrebbero aver fatto da tramite per un accordo che avrebbe dato all’Egitto la salvezza e il modo di evitare la fine che era toccata ad altri popoli, mentre i Shardana avrebbero finalmente potuto appagare quello strano desiderio che sempre li aveva portati a tentare a più riprese “il ritorno” in una terra dalla quale è probabile fossero stati scacciati in passato, forse l fianco dei misteriosi Hyksos.
di Leonardo Melis
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